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Channel: Commenti per Spigolature Salentine
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Commenti su Tra i dipinti della chiesa delle Alcantarine di Lecce di piero

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Il Bianchi spesso sorprende tra le cromie dei suoi dipinti rendendo la narrazione storica attuale alla contemporaneità. così, ad esempio, si può notare tra i suoi dipinti un “Nozze di Cana” in stile e costume barocco con un notabile sull’estremità che indossa gli occhiali. Un pittore da riscoprire per la potenza della narrazione che in alcune opere prorompe scarnendo i classici schemi agiografici, divertendosi e attraendo l’attenzione che mai ostenta, ma che con maestria relega nei dettagli. Tele che vanno visitate con lo sguardo!


Commenti su Taviano, Racale, Melissano e Alliste. Chi gioca con la nostra storia? di Fausto

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SIete solo dei pazzi a credere che la fusione è una pagliacciata…
se stiamo cosi bene bome siamo come mai tutti i giovani scappano via da taviano racale alliste melissano e felline?
credete veramente che al turista importi di ogni comune preso singolarmente?
vi dirò o visto turisti che giravano per racale ed erano ancora convinti di stare ad alliste…
invece che la politica faccia tagli alla sanità, per far arrivare un’ambilanza sul luogo di un incidente ci vuole più o meno un’ora, all’istruzione e alla ricerca.. perchè non tolgono di mezzo tutti questi enti inutili?
I comuni che sono tutti attaccati dovrebbero costituirsi in un unico comune,
i comuni inferiori a cinquemila abitanti non dovrebbero esistere…
cannole e altri comuni di mille abitanti dovrebbero diventare frazioni!
E voi vi attaccate a storielle? delle quali manco sapede dare una credibilità fondata.
Chiedete a ogni vostro paesanto quanto si sente racalino o tavianese..
basta con tutti questi campanilismi.. siamo tutti uguali e sulla stessa barca
per migliorare dobbiamo unirci!

Commenti su L’industria del freddo in Età moderna. Le neviere nel Salento di Fabian De Fusco

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se volete vedere una neviera in ottimo stato di conservazione andate qui 39.903276, 18.137718 (tra ugento e torre san giovanni)..se vi spostate un poco troverete anche una necropoli medievale

Commenti su I ricci di mare, gustosissima pietanza del Salento di Pierluigi

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………diciamo che è una nota culinaria nata in terra di Bari e diffusasi nel Salento solo da un decennio.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di francesco Stoppa

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la neo pizzica l’ha inventata Giorgio di Lecce è una mera buttade teatrale

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Giovanni

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http://laputea.com/index.php?option=com_content&view=article&id=170&Itemid=203&lang=it

http://laputea.com/index.php?option=com_content&view=article&id=99&Itemid=126&lang=it

Una cosa è la “riscoperta”, un’altra è la “tradizione viva”.
Peccato che Pier Paolo non abbia fatto chiarezza sul concetto di “patrimonio culturale immateriale” come elemento di memoria e di consapevolezza sulla propria storia, come è un peccato non aver chiarito il concetto di “bene culturale immateriale vivo”, ossia di un pezzo di cultura che si rinnova e si riveste di spinte identitarie antiomologanti, ossia di ciò che ha rappresentato la musica popolare nell’attuale scenario culturale mondiale.
In altre parole, la musica popolare ha trovato nuova linfa proprio nel periodo di maggior risalto della cosiddetta globalizzazione, proprio come spiegato dall’UNESCO qualche decennio fa.
Lo dico – ovviamente – senza polemica. “Peccato” non perché non apprezzi lo scritto di Pier Paolo (anche se lo trovo un po’ accademico e poco pragmatico), ma perché alcuni concetti sono sfuggiti alla sua splendida dissertazione. Del resto la pizzica non è la madre delle musiche popolari, come la Notte della Taranta non è la panacea dei mali atavici del Salento. Difatti, come diceva Uccio Aloisi (che fu un po’ come il San Giovanni della musica popolare, ossia un ponte tra il vecchio e il nuovo), “la pizzica si ballava una volta l’anno”. A Veglie, nel mio paese, non si ballava quasi mai, ma in compenso c’era una mole sterminata di canti alla stisa, a para uce, stornellate e romanze che sono morte insieme ai loro esecutori senza che qualcuno si curasse di registrarle. Come sostengo sempre, la Notte della Taranta ha fatto promozione, scordandosi della tutela.
La tutela, come ha ben spiegato Pier Paolo, l’avrebbe fatta se la Fondazione Notte della Taranta avesse preso sul serio la sua promessa di far partire l’Istituto Diego Carpitella, un istituto nato proprio allo scopo di tutelare e diffondere lo sterminato patrimonio culturale immateriale presente in Salento, non solo quello tradizionale, ma anche quello contemporaneo. Peccato, perché in fin dei conti sarebbe bastato 1/30esimo di quanto speso per il cachet di Goran Bregovic per mettere su un archivio di musica contemporanea… (sic!)
Per inciso, non offendiamo la pizzica. La pizzica è una delle tante espressioni della cultura immateriale del nostro popolo; di certo oggi è oggetto di banalizzazione da parte di molti gruppi di riproposta che, anziché valorizzarla, ne fanno scempio. Ma – al netto di tutto ciò – resta sempre l’espressione di una cultura, che andrebbe quantomeno studiata e fatta conoscere, sia nei suoi moduli tradizionali sia in ciò che – potenzialmente – potrebbe evolversi. Ascoltate qualche pezzo del gruppo “Aramiré” e così potrete capire ciò che la pizzica davvero è, sia nei suoi ritmi (non certo quelli fatti dai ragazzi di oggi nelle ronde né tantomeno quelli fatti sui palchi…) sia nei suoi testi.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Giovanni

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Grande Francesco! è la prima volta che leggo un commento di qualcuno preparato sull’argomento. Giorgio di Lecce è stato uno di quelli che ha fatto confusione sui concetti, parlando di “pizzica de core” (che non esiste) e di “danza delle spade” (che è tutt’altra cosa rispetto alla pizzica scherma).
Il problema è che dopo gli anni ’70, quando alcuni pionieri (tra cui Rina Durante, Roberto Licci, Roberto Raheli, Alessandro Girasoli, ecc.) riscoprirono le musiche popolari in chiave politica, ci furono personaggi che, intuendo l’affare, iniziarono a mischiare le carte in tavola e a parlare di neo-pizzica. Anche Anna Nacci, romana, ha avuto le sue responsabilità. Ti invito a leggere questo breve scritto sui nuovi termini di tendenza…
http://laputea.com/index.php?option=com_content&view=article&id=173&Itemid=206&lang=it

Commenti su L’industria del freddo in Età moderna. Le neviere nel Salento di Fabian De Fusco

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scusate..ho sbagliato il copia e incolla..le coordinate esatte sono queste 39.913464,18.137762


Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pier Paolo Tarsi

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Caro Giovanni, come darti torto, molte cose attinenti l’argomento – come quelle che indichi e tante altre – non le ho trattate, del resto già così risulta lunga e spossante la lettura. Di quanto avevo scritto una cosa mi premeva e mi preme. E’ luogo comune pensare che non esiste alcuna tradizione pura, da preservare come un soprammobile. Ed io condivido questa visione non reificante di certi processi, delle tipicità e delle specificità. Anche la pizzica è destinata al mutamento continuo (panta rei!). Ciò però non significa, come tentavo di mostrare, che non si possano fare delle distinzioni precise (e chiare, oltre che nette) e mettere sotto il bisturi dell’analisi in modo sincronico l’essere tipico o meno di un dato fenomeno in un dato momento. Io ho provato a farlo, e il risultato è stato: la pizzica non è tipica, non è nemmeno popolare nel senso chiarito nel testo. A me questo frullava per la testa, trovare un piccolo sistema di definizioni che mi restituisse risultati affidabili che rispecchiano la nostra quotidianità (quella che sperimentiamo tutti) in modo deduttivo. Credo che ci sia nel pezzo. Sul tema “pizzica” e “notte della taranta” credo sia da preferire il silenzio, c’è troppo rumore per parlare e ascoltarsi reciprocamente. Soprattutto in questo periodo. Con questo pezzo (comparso anche su Paese Nuovo all’epoca), credo di aver chiuso con l’argomento. Penso solo in proposito che se continueremo per questa via, tra qualche anno avremo fatto venire la nausea al mondo intero di pizziche e tarante. E l’effetto non farà ridere! Comunque, arriva settembre, e come ogni anno…spariranno tutti i tamburelli, insieme ai turisti! Questo fenomeno, che si ripete puntualmente, a me interessava comprendere nelle sue ragioni. La pizzica (o le pizziche, ormai), non essendo espressione musicale tipica e popolare, è solo l’accompagnamento musicale della stagione turistica, la musica che rispecchia uno stereotipo, un immaginario che con la nostra vita non ha nulla a che vedere. E del resto, non potrebbe essere altrimenti. Cambiato il mondo, con esso muta ogni suo elemento, anche la sua musica. Un caro saluto

Commenti su Taranto. Breve storia del quarto polo siderurgico di GP

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Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Giovanni

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Grazie per la risposta, Pier Paolo! Sai, il tuo è stato il contributo più efficace e completo che abbia letto in questi ultimi anni. Tuttavia torno a ribadire che la mancata analisi del concetto di “patrimonio culturale” fa, a cascata, cadere tutto il resto della tua analisi, giacché ciò che dici è vero: la pizzica NON è popolare (anche se sul termine “popolare” andrebbe fatta una dissertazione a sé) NE’ tanto meno è tipica, giacché la tipicità è considerata alla stregua dell’identità, ossia due concetti pericolosi se non ben contestualizzati.
Il patrimonio culturale, per dirtela in breve, è l’eredità che ci portiamo dietro dal passato. In altre parole, sono beni culturali (in questo caso immateriali) le memorie ereditate dal passato, mentre sono attività culturali (tipo la Notte della Taranta”) tutto quanto sia rivolto al futuro, perché diretto a formare ed a diffondere le espressioni più avanzate della cultura e dell’arte. Dunque la Notte della Taranta è un’attività atta a diffondere la conoscenza di un bene (anche discostandosi dalla filologia…).
La pizzica, come più volte specificato da me sia nel commento precedente che in altri scritti sparsi per la rete, è:
1) una delle tante espressioni musicali salentine;
2) una “contaminazione” di stili, iniziata sin dal tempo dei Messapi e protrattasi fino agli anni ’50 del secolo scorso;
3) una variante della famiglia delle tarantelle, che si discosta solo per un ritmo più accentuato e forsennato.
Detto ciò, va fatta un’altra precisazione: la pizzica che ascoltiamo oggi non è “genuina” in quanto è stata in qualche modo “recuperata” negli anni ’70, in quel periodo in cui la musica popolare veniva considerata da attivisti politici ed appassionati come una musica che poteva dare una coscienza di classe al popolo, in contrapposizione alla musica “leggera”, espressione della borghesia. Ecco che Giovanna Marini, Gianni Bosio ed altri misero in piedi il Canzoniere Italiano, un’esperienza seguita da Rina Durante, Roberto Raheli, Roberto Licci, Alessandro Girasoli ed altri qui in Salento, che diedero vita al Canzoniere Grecanico Salentino. Poi le cose presero una piega inaspettata…la musica popolare piaceva, tanto che iniziarono i primi concerti, i primi festival, accanto alla moltiplicazione dei gruppi di riproposta (Officina Zoè, Alla Bua, Aramirè, Ghetonia, ecc.). Questo fenomeno – non sto qui a parlarne – è stato a lungo analizzato da numerosi etno-antropologi nonché dall’UNESCO, ed è facile trovare qualche ottimo spunto di riflessione in rete.
Con l’esplosione del fenomeno “Notte della Taranta” e con l’estremizzarsi del marketing territoriale, il folk-revival ha preso una brutta piega ed è vero quello che dici: tra qualche anno la pizzica sarà detestata da tutti, anche perché come ogni moda, anche quella del Salento passerà, ma quando passerà saremo tutti noi a pagarne le conseguenze. Sono anni che lo dico e prima di me lo diceva altra gente che non è mai stata ascoltata…
Il marketing territoriale ha banalizzato una cultura, ha mercificato un territorio e ha trattato alcuni simboli storico-identitari (la taranta, il tamburello, l’ulivo, ecc.) come merce vendibile. La stanno vendendo, è vero, ma presto smetteranno di farlo e butteranno tutto nell’immondizia, peccato che nell’immondizia ci finiranno pezzi di una cultura che non è solo di chi l’ha venduta (anzi, non lo è affatto, visto che in giro vedo gente che finora non sapeva nemmeno chi fosse Alan Lomax o Ernesto De Martino…).
Per inciso…con settembre non spariscono i tamburelli…ci sono una miriade di eventi privati o pubblici in cui gli appassionati si ritrovano per suonare, solo per il gusto di farlo (e non per ‘nzurtare qualche turista), e perché nella dimensione dello stare insieme ci entra sempre qualche stornello, un tamburello e una ballata…

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pier Paolo Tarsi

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Caro Giovanni, so -per averla anche ascoltata!- della tua autentica passione per questa musica e per la sua complessa storia, ti ringrazio anche per gli approfondimenti che offri arricchendo il tutto. Condivido molto di quello che dici e non posso che augurarmi, con te, che con quella miriade di eventi privati o pubblici spontanei a cui ti riferisci una fiaccola di quella memoria a cui approcciarsi con passione e un po’ di voglia di capire si preservi per ricominciare quando tutto questo rumore sarà passato. Adesso c’è troppo frastuono, ed anche un sussurro mi pare non possa fare altro che incrementarlo. Resisti e..tieni il ritmo! ;)

Commenti su Ed ecco le varietà di fichi salentini di antonio

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Faccio vivi complimenti per la ricerca, ma devo assolutissimamente integrare l’elenco con la tipologia “albaneca”. E’ il tipo di fico che matura da ultimo rispetto agli altri, da cui, ritengo, il nome : nega l’alba. Molto diffuso nel territorio galatonese e va mangiato con la buccia, saporitissima.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Giovanni

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Infatti ce lo auguriamo in tanti che presto si spengano i riflettori sul Salento. Ci chiamano “refrattari”, “autolesionisti”, qualcuno ci definisce “puristi”, ma sono solo parole che dietro nascondono il vuoto di chi non sa guardare oltre la punta del proprio naso, perché nessuno ha mai riflettuto sul fatto che il turismo di massa non porta ricchezza, né ricchezza culturale né ricchezza economica. Il Salento ha tutte le potenzialità per attrarre un turismo d’elite (dove “elite” non sta per “gente ricca”, ma per “gente attenta”).
Ti faccio un esempio. Il classico turista attratto dal Salento viene qua, piazza una tenda in campagna, magari stende i panni su un dolmen e piazza un lenzuolo tra un menhir e un ulivo monumentale per avere un po’ d’ombra, poi si fa un giro a Lecce, passa per Porta Napoli, dice “oh, che bella!”, gli scatta una foto, ma magari non si chiede perché si chiama “Porta Napoli” (la risposta sarebbe banale, ma non gli passa per la testa); nel suo girovagare per il Salento, va di sicuro alla Baia dei Turchi (perché tutti ci vanno e perché è figa), ma sta mica a pensare che si chiama “Baia dei Turchi” perché ci ormeggiarono, appunto, i Turchi? E che ci facevano i Turchi in Salento? Boh? Ovviamente deve andare a Porto Selvaggio, farsi la benedetta foto sulla torre di S. Maria dell’Alto, ma non sa a cosa serviva quella torre. Infine, dopo il mare, se ne va ad un concerto della NdT a zompare e ubriacarsi. Poi, dopo il concerto, se qualche esecutore musicale (pochi ormai, a dir il vero…) prova a creare una “ronda”, questo ci si butta dentro, con l’immancabile boccia di vino in mano, e comincia a ballare stile tunz tunz, magari mentre all’interno si sta esibendo una coppia di ballerini. Ovviamente non gli viene in mente di chiedere come si balla, lui “balla” e basta. Ovviamente non vuol imparare la semplice regoletta per cui si balla una coppia per volta. No, non è divertente. Ancora con la boccia di vino in mano, va in una bancarella di tamburelli (dove ormai ci sono tamburelli “tradizionali” e cinesi), chiede il prezzo di un tamburello. Niente, troppo caro! E allora opta per quello cinese. Al ché torna nella ronda, si mette accanto ad un suonatore, e chiede “come si suona?”. Il suonatore “serio” lo manda a quel paese. Lo spierto di turno gli prende il “tamburo” in mano e comincia a suonare con un ritmo forsennato, dicendogli, con occhio ammiccante: “si fa così” (e magari sporcandoglielo un po’ di sangue, perché fa figo il sangue sul tamburo, fa uomo macho).
Il turista, illuminato dall’ottima spiegazione, inizia a suonare come gli hanno insegnato e s’inserisce in quello che ormai è diventato un fracasso, anziché una ronda, già, perché nel frattempo i suonatori “seri” sono andati via e nella “ronda” regna la discoteca a cielo aperto: i suonatori rimasti vanno ognuno con il suo ritmo (rigorosamente a 150-200 battiti al minuto), la gente all’interno balla e si dimena stile tunz tunz e lui, il nostro amico turista, finalmente si sente a casa.
Un attimo, ora che rileggo il tutto mi viene in mente una cosa. Vuoi che la colpa è la nostra? Il turista nostro amico è arrivato perché allettato da quello che altri turisti gli hanno detto o perché ha letto in giro per la rete che il Salento è uno sballo! Arrivato qui ha trovato zero informazioni sulla storia e la cultura del Salento, la Notte della Taranta (con le sue politiche pro-casino), i venditori di tamburelli cinesi e tanti salentini che fanno bordello…
Azz, mi sa che alla fine la colpa, in fondo in fondo, è anche un po’ la nostra…

Commenti su Gallipoli. La Santa, il cane, la stella di augusto

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Bravo, Piero. Hai messo nel piatto tanta sensibilità , teneressa e conoscenza – non solo storica e religiosa , ma quella dell’anima popolare – dei fatti, che ne è scaturito un vero e proprio inno d’amore.
Un saluto caro a te e famiglia. Augusto


Commenti su Come un “fenomeno da baraccone” di silvanabissoli

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Provo ad aggiornare il mio racconto, sperando che sia ancora possibile, con il link del video che riprende, a beneficio di tutti gli amici di Spigolature Salentine e di facebook, la visita fatta all’Ulivo Gemello il 23 agosto 2012, a Valdragone (RSM)…
La mia gioia, mista a meraviglia è stata grandissima, per lui si temeva il peggio.
I suoi custodi, i suoi amici di Valdragone sono riusciti a parer mio, a compiere un miracolo. Grazie a nome di tutti noi…
Questo video è la prova della tenacia e resistenza dei nostri Cari Amici millenari.
In questi giorni di infinita tristezza per gli oltre 8000 che saranno destinati chissà dove e di cui perderemo le tracce, sicuramente per la maggior parte di loro, la visione dell’Ulivo Gemello rigenerato, conforta un poco..

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