Quantcast
Channel: Commenti per Spigolature Salentine
Viewing all 3124 articles
Browse latest View live

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di gianni ferraris

0
0

ancora non hai finito? perbacco…..


Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pier Paolo Tarsi

0
0

Gianni ci ho preso gusto, tanto che pensavo di scrivermi a un corso di Pizzica anche io :P Colgo l’occasione per ringraziare pubbicamente Antonio Negro, talmente attento come lettore che ieri mi ha gentilmente segnalato privatamente delle sviste nella punteggiatura – a cui ho provveduto qualche minuto fa – e non solo! Di fronte a lettori così come si fa a non aver voglia di continuare Gianni? :P

Commenti su La storia di una regina con un castello d’acqua. Queen with a water castle di Pier Paolo Tarsi

0
0

La “cosa” che precede mi è piaciuta assai. Mi ha fatto tornare alla mente questo buco nero dell’infanzia che risucchiava paure e ombre, la cisterna, regno di anguille solitarie e immortali, che io immaginavo secolari e grandi come draghi. Me ne stavo alla larga da quei buchi, attratto e spaventato dalla “Manu Longa” che, secondo mio nonno (che di immacolate ne conosceva pure lui tante) , mi avrebbe preso se fossi passato vicino alla cisterna senza la presenza di un adulto.

Commenti su Gallipoli, la perla del Salento, e gli Spigolatori Salentini di francesco cottignoli

0
0

Come tutto è relativo: l’ultima volta che sono stato a Gallipoli, ho beccato una multa per aver imboccato un divieto di transito, cenato con un’improbabile accoppiata di vongole e gamberi d’antan e preso un hotel sul lungomare tanto disagevole quanto esoso… Dice Paul Valéry, ”Una cattiva esperienza vale più di un buon errore”.

franco

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di gianni ferraris

0
0

A ben pensare (e dopo una sciagurata passeggiata nella notte bianca leccese di cui forse dirò quando sarò sveglio) pensavo ai grandi eventi, per lo meno a quelli che così si spacciano, in relazione alla necessità di far girare la più grande industria salentina, il turismo, piuttosto che a piccoli eventini continui e diluiti nel territorio. In sostanza, è meglio avere Frizzi una sera a Gallipoli assieme a tanti nomi altisonanti (che non necessariamente fanno rima con interessanti) o mirare alla rivalutazione di moltissime piccole serate? La notte della taranta è stato un volano, penso, importantissimo per l’economia salentina, ora sarebbe bene forse andare oltre. Altro discorso è quello della cultura popolare. E’ un pò come per le sagre. Ormai il patrimonio gastronomico è stato saccheggiato alla grande. Mi aspetto una sagra dell’ hamburger spacciato come tipico cibo dei costruttori di muretti a secco nel primo 700. Questo succede anche in Piemonte, ahimè. Al mio paese fanno una sagra del fritto misto (non pensate male, mica quello piemontese che esiste ed è altra cosa, proprio quello di pesce) . Tipico cibo degustato dai contadini del basso Piemonte nel primo quarto del 19° secolo? Però fa cassa. La pro loco ci prova, e funziona. Vabbè mi fermo qui. Au revoir.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pino De Luca

0
0

Se non ci fossero le sagre come potremmo differenziarci?
In fondo se per mezzo secolo ho avuto il privilegio di esere dalla parte del torto, vuol dire che tantissimi altri hanno goduo nello stare dalla parte della ragione. O no?
Andiamo avanti Pier Paolo, finché ne abbiamo il fiato.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pier Paolo Tarsi

0
0

Comprendo e approvo che si preferisca veder ballare la pizzica che mangiare da Mcdonald’s, però, caro Pino, le due cose sono diventate più simili di quanto si creda. Quando la pizzica è divenuta “un prodotto” persino esportabile della tradizione tipica salentina, estrapolata, riesumata, trasformata nel “marchio del tradizionale salentino” e condotta finanche come tale in una forma vuota di spessore e stereotipata ovunque (Cina, Londra ed ogni dove), quel che ne segue assomiglia molto a un qualsiasi frutto della globalizzazione, questa espressione culturale non ha niente cioè da invidiare ad un Cheeseburger! Fa lo stesso effetto che vedere l’aborigeno australiano compiere il suo rito per il turista occidentale, ossia l’effetto della finta esibizione di un tradizionale morto, defunto, riesumato alla bella e buona e servito al turista! Con l’unica differenza che gli aborigeni in tal caso siamo noi! Certo, tutto questo è volano per l’economia Gianni, come lo spettacolo di flamenco che da turista “pretendo” trovare in Spagna, o come il Sirtaki in Grecia o Toro Seduto nella riserva, avendo pagato per incontrare quelle rappresentazioni canoniche di una qualche tradizione, come turista le voglio incontrare (eccheccazzo, ho pagato!), e in Spagna o in Grecia e in ogni dove lo sanno che io ci vado appositamente, ed appositamente mi fanno trovare sul luogo quei “prodotti tipici della tradizione” che offre il grande supermercato globale! Mercato: domanda e offerta! Semplicemente. Ma questo incontro non ha niente a che fare con gli incontri che con una cultura può vivere un viaggiatore, niente a che fare con l’esperienza di un Erodoto. Oggi forse è divenuto persino impossibile essere viaggiatori, esploratori, si può essere essenzialmente solo turisti! Ma non è che voglia lamentarmi, voglio soltanto dire con ciò che bisogna essere consapevoli di questi processi, per non fare la fine di quella zucca da Grande Fratello e credere davvero che la pizzica esista al di fuori del grande supermercato! Globalizzati, ok, ma con consapevolezza e, verrebbe da dire, con un po’ di dignità! Per il resto, bisogna campare, chi lo nega. E allora, musica maestro! Chi si lamenta perché “stanno uccidendo” la pizzica, e si sente un paladino della “vera tradizione” secondo me non ha capito molto del mondo in cui viviamo, è confuso da un localismo disorientato che non è che l’altra faccia della globalizzazione!

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pino Spina

0
0

Gentile Pier Paolo, scusami se intervengo, magari a sproposito, ma su un particolare non sono daccordo, il “sirtaki” greco. Ecco, per esempio, lì siamo di fronte ad una vera “cultura popolare”, radicata, diffusa, mai interrotta. Avendo avuto la fortuna di frequentare l’ Elláda, ricordo molto bene come lì, giovani, vecchi, uomini donne e bambini, ballano tutti e in tutte le occasioni, poi è logico che l’orchestrina tascabile per turisti la trovi dappertutto.


Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pier Paolo Tarsi

0
0

Figurati Pino, hai fatto bene anzi a precisare visto che conosci bene quella realtà. Grazie

Commenti su La storia di una regina con un castello d’acqua. Queen with a water castle di Rocco Frisullo

0
0

Complimenti all’autore dell’articolo. Eg. signore se da un lato sono cose d’altri tempi, a noi che viviamo questi tempi è uno stimolo per divulgare notizie che sono vere e proprie insegnamenti per chi non ha vissuto quei tempi. Bravo

Commenti su La storia di una regina con un castello d’acqua. Queen with a water castle di Silvia

0
0

È molto bello il testo, anche per com’è scritto….ma non capisco il perché delle parti in inglese, che sinceramente ci stanno malissimo e sono perfettamente inutili, sotto ogni punto di vista.
Non capisco perché sempre questa voglia di strafare con l’inglese….lo fa solo odiare!

Commenti su In fuga dalla Terra d’Otranto: spunti sull’emigrazione salentina di inizio Novecento di Pier Paolo Tarsi

0
0

Ottimi spunti di riflessione!

Commenti su Lecce. Trasformazioni e ampliamenti del convento di Santa Maria del Tempio di Pier Paolo Tarsi

0
0

Veglia cara Giovanna sui leccesi dormienti, su quelli tali per natura e su quelli che lo divengono dietro compenso!

Commenti su Lecce. Trasformazioni e ampliamenti del convento di Santa Maria del Tempio di Giovanna Falco

0
0

Mio comunicato inviato ad alcuni organi d’informazione.

Ho letto su varie testate giornalistiche locali le affermazioni attribuitemi dal Prof. Wojtek Pankiewicz riguardo ai capitelli riemersi durante gli scavi archeologici preventivi nell’area dell’ex Caserma Massa a Lecce: «la studiosa Giovanna Falco, mi aveva riferito che questi capitelli sono di fattura tipicamente gotica appartenenti alla fase quattrocentesca della fondazione monastica».

Come appassionata di storia locale sono contenta che sia stata indetta per il 20 luglio una riunione della Commissione Lavori Pubblici per affrontare le varie questioni riguardanti quest’area, ma devo rettificare quanto riferito da Pankiewicz.

Io non ho espresso un parere, ma ho soltanto riferito quanto visto e fotografato dall’esterno del cantiere da più persone tra fine marzo e inizi di aprile: un capitello, probabile testimonianza della fase architettonica più antica del Convento di Santa Maria del Tempio. Altri «capitelli di stile gotico», emersero durante i lavori di sistemazione della piazzetta antistante al cantiere (dove sono le bancarelle dei fiori), apportati intorno al 1981, così come da affermazione di padre Benigno Francesco Perrone nel primo volume di I Conventi della Serafica Riforma di S. Nicolò in Puglia (1590 – 1835) (Congedo Editore Galatina 1981) a pagina 120.

I capitelli cui si riferisce Pankiewicz sono d’indubbio stile cinquecentesco da ascrivere alle trasformazioni successive del convento, avvenute dal 1508 in poi, così come ho argomentato nel mio articolo Lecce. Trasformazioni e ampliamenti del Convento di Santa Maria del Tempio, pubblicato oggi 6 luglio 2011 su questo sito di Spigolature Salentine: http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2011/07/06/lecce-trasformazioni-e-ampliamenti-del-convento-di-santa-maria-del-tempio/

Certa di una vostra rettifica, invio distinti saluti

Giovanna Falco.

Commenti su Ambiente/ Lettera aperta al Sindaco di Cursi di Roberto Cuppone

0
0

RIBELLARSI! SE ALLA POVERTA’ SI AGGIUNGE ANCHE LA DEPREDAZIONE DELLE NOSTRE RADICI, COSA RESTERA DELLA NOSTRA TERRA E ,QUINDI, DELLA NOSTRA ANIMA? SVEGLIATEVI GENTE DEL SUD E TORNATE AD ESSERE QUEL FARO DI CIVILTA’ CHE NEI SECOLI CI HA DISTINTO.


Commenti su In fuga dalla Terra d’Otranto: spunti sull’emigrazione salentina di inizio Novecento di Angelo Micello

0
0

Aggiungo come da leggere, se riuscite a trovarlo (Oscar Nuccio
ALFREDO CODACCI PISANELLI – Atti Parlamentari per “Le Puglie” la “Terra d’Otranto” il “Capo di Leuca” 1897-1925) l’intervento in Parlamento del 1 giugno 1903 sulle Condizioni della Provincia di Lecce in cui Alfredo Codacci Pisanelli descrive lo stato agonizzante dell’agricoltura e dell’economia del Capo di Leuca.

Commenti su Lecce. Trasformazioni e ampliamenti del convento di Santa Maria del Tempio di giampaolo buscicchio

0
0

Nel navigare intorno a questa storia che seguo dal 1972, comunque distratto dagli eventi giovanili, mi chiedevo il perchè di questa demolizione, sempre curioso vedevo caricare su grossi camion con l’ausilio delle ruspe e senza molti riguadi, gli enormi capitelli uguali a quelli che oggi si vedono depositati nell’area degli scavi, insieme a conci intagliati di tutte le misure, raffiguranti stemmi, foglie, cherubini e quantaltro l’architettura del 1500 ci ha insegnato a vedere, chiaramente insieme a tanto materiale di risulta. Un vero scempio dettato dalla cecità dell’allora amministrazione, per fare cosa? Un area sterrata utilizzata da 40 anni a parcheggio. Ora dagli studi precisi e corretti “come sempre” e storicamente documentati dalla nostra Giovanna Falco, mi piace pensare, da una base di logicità e di escursus già testato in simili strutture architettoniche, che dal livello di calpestio originale ( quello che si vede oggi con la pavimentazione a CHIANCUNI così come si chiamavano in gergo ) diventò sottoposto di circa un metro alla fine del 1800 quando si realizzarono i viali intorno alle mura, in quanto la zona che andava dai bastioni di San Giacomo alla porta di San Martino era depressa nei confronti del piano stadale cittadino, pertanto rialzando i viali si è creato il sotto livello del convento e della chiesetta di Santa Lucia a lui vicina ma non appartenente . Chiaramente si evince che gli ambienti che si intravedono con copertura a botte non sono altro che le cantine di fondazione, dove si vede la preparazione della roccia arenarea a fondazione e le prime file di costruzione ad elevatura. Da questa certezza passiamo a quella probabile che ci può essere per logica al di sotto la cantina di cavatura o di estrazione della pietra, quasi sempre destinata a frantoio o trappito. Adesso fantasticando chissà una cripta ipogea. complimenti Giovanna ci vorrebero tante persone come te specie nelle amministrazioni

Commenti su Lecce. Trasformazioni e ampliamenti del convento di Santa Maria del Tempio di Giovanna Falco

0
0

Grazie Giampaolo, il tuo contributo è molto interessante. Ripeto, aspettiamo con ansia la Relazione che ci spiegherà cosa è riemerso durante gli ultimi scavi.

Commenti su Lecce. Trasformazioni e ampliamenti del convento di Santa Maria del Tempio di Redazione

0
0

qualche anno prima rispetto a quanto accadeva a Lecce e che tu ci riporti, anche a Nardò avvenne uno scempio del genere e, guarda caso, proprio con un convento dei Riformati.
Il convento dei frati Minori di Sant’Antonio da Padova per le sue speciali benemerenze, specie nella diffusione della cultura, mediante la ricchissima e pregevole biblioteca, fu risparmiato dalla soppressione Napoleonica e continuò a sussistere fino all’unificazione d’Italia. Soppresso nel 1866, continuò a sopravvivere mediante la permanenza di padre Bonaventura da Martina, in qualità di guardiano, ma specialmente quale bibliotecario, per dare agio agli studenti di usufruire della grande biblioteca, che contava duemilanovantotto volumi. Con la morte di quel frate il convento fu chiuso definitivamente. Una buona parte dei libri della biblioteca, dopo essere rimasti in abbandono per più anni, furono ritirati dal Comune e concessi alla biblioteca “Vergari”, dove si conservano tuttora.
Il giardino dei frati negli anni 60 venne completamento distrutto, compreso il muro di cinta che lo delimitava, cui si accedeva attraverso un artistico portale che sopravvive ancora in qualche foto di privati. Il convento, che aveva ospitato sino a qualche anno prima il civico ospedale, era stato già demolito per una buona metà quando intervennero “le Belle Arti” (come allora si indicavano) e bloccarono il tutto. Si salvò solo il chiostro, tuttora visibile, un salone adiacente e alcune cellette del piano superiore. Non si intervenne a demolire anche la bellissima chiesa solo perchè il rettore di allora pare ci tenesse a celebrare e, forse, per le pressioni della confraternita. Una ferita nel cuore cittadino che resta ancora aperta e che i neritini non dimenticano. Continuo a chiedermi come sia stato possibile assistere inermi di fronte alla barbarie della modernità che allora si invocava a tutti i costi. Mi consola solo il fatto che io avessi pochi anni d’età …

Commenti su Poesia/ Gallipoli di Antonio

0
0

Meravigliosamente bella!
Detta poi da un gallipolino DOC.

Viewing all 3124 articles
Browse latest View live




Latest Images