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Channel: Commenti per Spigolature Salentine
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Commenti su Carnevale nel Salento. Le maschere tradizionali salentine di francesco zaffuto


Commenti su Il lampasciòne in quattro puntate (1) di LUIGI CATALDI

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li pampasciuni “paesani” sono ormai quasi un sogno, caro Armando…. ma si vive anche aiutandosi coi sogni… o no?!

Commenti su La chiesetta della “Madonna del curato” ad Ugento di luigi cataldi

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gRazie, carissimo Luciano, di avermi riportato con questa bella testimonianza, nel mondo incantato dei ricordi dei primi dieci anni della mia vita.

Commenti su Brindisi. Un teatro antico o contemporaneo? di Mr R

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Qualcuno scavi per …! e tiri fuori il presunto teatro greco! sarebbe una magnificenza.

Commenti su Note di un salentino in Cina. 3 di Pier Paolo Tarsi

Commenti su A proposito di febbraio e del freddo di Marino Miccoli

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Mia nonna Addolorata Polinmeno da Spongano (LE) raccontava che febbraio perse due giorni a causa della vendetta che suo fratello gennaio doveva attuare per punire una vecchia superba e maldicente che nei suoi confronti affermò: “SCATTA E CREPA SCINNARU, CA LE PECURE MEI L’AGGIU TRASUTE DE LU QUADARU!” Ciò avvenne quando, in origine, gennaio era composto da soli 29 giorni. Allora gennaio sdegnato e offeso si rivolse al fratello febbraio che in origine ne aveva 30 di giorni, e gli domandò un solo giorno in prestito, uno soltanto affinchè potesse vendicarsi di quella vecchia non riconoscente.
“UNU SE LU MPRESTAU, N’AUTRU NE LU RUBBAU…” e fu così che a quella vecchia maldicente il giorno seguente le pecore morirono tutte per il freddo che gennaio ebbe la forza di portare.
Da allora gennaio fu di 31 giorni e febbraio di 28.

Commenti su A proposito di febbraio e del freddo di Redazione

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bellissima questa integrazione, credo nota a pochi salentini. Dà senso compiuto anche al proverbio. Grazie, anche perchè hai contribuito a togliere dall’oblio un racconto del nostro popolo

Commenti su Note di un salentino in Cina. 3 di armandop

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Sugli scranni del potere da sempre, non solo in Italia, siedono i peggiori. Poi, a conferma del detto, “il fondo non si tocca mai” arrivò lui (che blasfemo che sono, Lui!); e, dopo di lui, non il diluvio, ma la conferma, fatale, del detto appena citato…


Commenti su Il lampasciòne in quattro puntate (1) di armandop

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La “zappoddha” della foto è la mia (ereditata da mio padre) e l’ho usata fino all’anno scorso, quando i reumatismi non avanzati come oggi mi consentivano di estrarre i lampascioni dal mio stesso giardino o dalle campagne limitrofe. Il sogno per me sarebbe ritornare a farlo…

Commenti su La chiesetta della “Madonna del curato” ad Ugento di armandop

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Desidero esprimere i miei complimenti all’autore del post in cui mirabilmente si fondono rigore metodologico, chiarezza espositiva e felice registro divulgativo. Armando Polito

Commenti su Poesie/ Grecìa Salentina di LUIGI CATALDI

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toccante ed entusiamante: decisa e penetrante come de radici dell’ulivo!

Commenti su “Lu furone”, ovvero quando un deposito di risparmio non costava nulla. di LUIGI CATALDI

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oggi sono caustico: tutto perfetto, caro professore, tranne il titolo….
non sarà meglio “lu” furone?
Sempre cordialmente attento alle tue deliziose “chicche”
Luigi

Commenti su “Lu furone”, ovvero quando un deposito di risparmio non costava nulla. di armandop

Commenti su Il Carnevale pugliese tra simbologie, eccessi e divieti di Pier Paolo Tarsi

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Molto interessante, si legge tutto d’un fiato! Bello! Grazie all’autrice.

Commenti su Poesie/ Contadina pugliese… donna, cento volte donna di alfredo romano

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A mia madre

Nel giardino di papà
sogno dei copiosi frutti
il tuo amor ritrovato
che rimpianto mamma
parole ci insegnasti
più grandi di te
gesti e pensieri
donare senza pretese
soffrire senza mai dire
domani fra le tue albe
svegli di già
le belle tue albe
che più non sanno
di cupi tramonti

Collemeto, 10/10/1994


Commenti su La grotta dei Cervi di Badisco: considerazioni ed ipotesi sul pittogramma dello “sciamano” di Armando Polito

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L’ipotesi è suggestiva. Mi permetto, però, di ricordare che già per la mappa di Soleto la rappresentazione a volo d’uccello (anche se qui il territorio sarebbe notevolmente più ridotto) rappresenterebbe per alcuni la prova che si tratterebbe di un falso. Nel campo delle congetture, poi, il rischio di fortuite coincidenze è sempre in agguato. E, giacché ci sono, dico la mia: e se i due simboli a forma di cuore fossero due serpenti e l’intera figura una sorta di Quetzalcoatl ante litteram? Sento già il commento: questo è già ubriaco appena si leva dal letto…

P. S. Sulla Grotta dei cervi segnalo “Pagine di pietra a Badisco”, foto racconto di Pino Salamina (il fotografo della scoperta), edizione a cura del Gruppo Speleologico Leccese ‘NDRONICO, AGM, Lecce, 2009; l’opera, veramente pregevole non solo sotto l’aspetto del corredo fotografico, è stata in libera, gratuita, sottolineo gratuita, distribuzione.

Sull’origine allucinogena delle pitture vedi in rete “La magia dei fosfeni nelle pitture di Grotta dei cervi a Porto Badisco” di Maria Laura Leone all’indirizzo
http://www.artepreistorica.com/wp-content/uploads/2010/01/09.Leone-Badisco1.pdf

e della stessa autrice e pubblicato a sue spese “La fosfenica Grotta dei cervi”, Ilmiolibro.it, 2009

Commenti su La grotta dei Cervi di Badisco: considerazioni ed ipotesi sul pittogramma dello “sciamano” di Elvino Politi

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Grazie per il commento al mio contributo sulla grotta di Badisco. Mi permetto di farle notare alcune considerazioni: la “Mappa di Soleto” è stata ufficialmente ritenuta autentica, tant’è che il 16 Novembre 2005 è stata curata dalla Soprintendenza Archeologica per la Puglia e dall’Università di Bruxelles tramite il prof. Thierry von Compernolle una mostra appositamente dedicata all’ostrakon presso il Museo Archeologico Nazionale di Taranto. E’ vero che la storiografia procede per ipotesi, ma sono del parere che una mostra ad hoc presso un museo archeologico nazionale non viene fatta se non si hanno dei presupposti validi circa l’autenticità del reperto. E comunque, la discussione sulla cosiddetta “Mappa di Soleto” tratta la sua comparsa prima della cartografia romana, che fino a quel momento era stata l’incipit della resa mappale. Nulla perciò a che vedere con la raffigurazione “a volo d’uccello” (sarebbe interessante sapere come realizzare una carta diversamente), semmai una controversia se la cartografia mediterranea avesse per madre la cultura greca (a cui l’ostrakon appartiene a prescindere della realizzazione probabilmente messapica dell’oggetto) o romana. Tuttavia, il paragone con la mappa soletana, come giustamente lei considera, è inappropriato perchè mentre la prima corrisponde ad un’esigenza di resa cartografica, a Badisco probabilmente si tratta della raffigurazione di un evento, quindi completamente diverso per scopi e finalità. Mi permetto di ricordare che in archeologia le congetture sono supportate da considerazioni verificate e verificabili e sono inserite in contesti prettamente tecnici così come accennato nella prima parte del mio contributo, e perciò le coincidenze fortuite sono molto rare. Magari si tratta di ipotesi da approfondire o tracce di studio, probabilmente anche prontamente smentite da contesti oggettivi diversi, ma mai nell’archeologia moderna possiamo parlare di “fortuna” o di “coincidenza”. L’archeologia si basa prettamente su studi scientifici, cioè dimostrabili e ripetibili, e non è più la ricerca da “caccia al tesoro” come fino al secolo scorso. Pertanto non può assolutamente prendere in considerazione eventi quali il fosfenismo che non ha letteratura in archeologia e si sviluppa come corrente iniziatica di recente costituzione di matrice newage mutuando alcuni aspetti del fosfene che in medicina rappresenta tutt’altro. Un ultimo accenno al Quetzalcoatl. Si parla di “fortuite coincidenze” e poi si mette in relazione l’immagine di Badisco con una divinità del Mesoamerica che dista enormemente sia come cultura che come territorio dall’area del Salento. Non mi pare archeologicamente corretto parlare di Otranto in relazione agli aztechi o altre culture di lingua nahuatl. L’immagine del Serpente piumato del Codex Borbonicus si avvicina vagamente alla fisionomia della figura di Badisco, ma non ha nulla a che vedere, anche perchè, di fatto, non è rappresentata con gli stilemi propri e già noti. Grazie ancora.

Commenti su La grotta dei Cervi di Badisco: considerazioni ed ipotesi sul pittogramma dello “sciamano” di Angelo Micello

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Non è la rappresentazione “a volo di uccello” che pone i dubbi sull’autenticità della mappa di Soleto. Primo, perché non c’è nessuna rappresentazione a “volo di uccello” in quella mappa. Non si sa quale sbadato abbia tirato fuori un termine che nelle rappresentazioni ha un termine ben preciso e per nulla confà alla mappa di Soleto. Si replica questa storia della mappa a “volo di uccello” senza capirne il significato. La rappresentazione “a volo di uccello” è una classica raffigurazione da un punto di vista alto, assonometrico o prospettico, dove sono evidenziate le altezze delle caratteristiche dell’oggetto (fabbricati, monti, ecc..). Si illustravano in questo modo le città più note riportando mura di cinta, castelli e caseggiati. La mappa di Soleto è invece una mappa tradizionale (piana) con un tentativo di ricostruire il contorno della penisola e la posizione dei centri abitati. Per questo viene messa in discussione: proprio in quanto mappa e nulla più. Pare che le prime mappe geografiche siano state prodotte dai Romani, perché prima non se ne ha traccia. In realtà la mappa di Soleto è una incisione alla buona, non riproducibile, su un oggetto di uso forse comune. Uno scarabocchio col chiodo per indicare a qualcuno un percorso da fare per non perdersi.

Commenti su La grotta dei Cervi di Badisco: considerazioni ed ipotesi sul pittogramma dello “sciamano” di armandop

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Il congresso di Montpellier (10-12 marzo 2005), cui seguì la mostra di Taranto, non ha affatto diradato i dubbi sull’autenticità dell’oggetto, basati sull’orientamento della rappresentazione e su altri dettagli messi in campo che non è qui il caso di elencare. I dubbi, perciò, restano, anche se le loro motivazioni mi lasciano perplesso, convinto come sono, pur non essendo nessuno, che l’oggetto in questione non sia un falso. Quanto agli studi “dimostrabili e ripetibili”, nella fattispecie, così come succede, per esempio, in campo etimologico, la dimostrabilità e la ripetibilità consisterebbero sostanzialmente nella conoscenza (o eventualmente nella scoperta) di fenomeni o rappresentazioni analoghe sicuramente interpretabili in modo univoco. Essendo totalmente ignorante in questo, chiedo se esiste documentazione a supporto che autorizzi a pensare che il nostro sciamano/mappa non sia un apax (il che non esclude a priori che si sia nel vero, anche perché c’è sempre e in tutto una prima volta), Per quanto riguarda i fosfeni, invece, chi mette in campo (non per lo sciamano, ma per le altre rappresentazioni, per così dire, astratte) la teoria allucinogena crede di ravvisare un precedente nelle pitture dei Chumash e dei Tukano nell’interpretazione delle ricerche di Dolmatiff. Quanto al serpente piumato, non sarebbe , per evidenti motivi cronologici, il nostro presunto sciamano a ricollegarvisi, ma viceversa; tuttavia, confermo: non so se nel momento in cui l’ho ipotizzato mi ero messo in testa di essere Peter Kolosimo oppure, come ho già detto, ero già ubriaco allo spuntar del sole. Grazie per il gradevolissimo e istruttivo, almeno per me, scambio di idee.

Commenti su La grotta dei Cervi di Badisco: considerazioni ed ipotesi sul pittogramma dello “sciamano” di Elvino Politi

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Sebbene ogni grotta debba essere considerata un discorso a sè, tuttavia è noto che l’arte preistorica è legata all’ambiente dell’uomo. Lo schema di Leroi Gourhan, che segue Annette Laming- Emperaire, prevede che le immagini siano disposte secondo tematiche ben precise e che sviluppano scene di vissuto ordinario e non fenomeni allucinogeni. Tale schema è oggi applicato in tutte le grotte con raffigurazioni parietali tra cui le tantissime dell’area Perigord (famosa quella paleolitica di Lascaux) dei Pirenei e della Cantabria e fornisce, pertanto, una ben vasta area di riferimento. E’ pur vero che le teorie dello studioso francese appaiono oggi generalizzate, ma di fatto non esiste alcun elemento che possa far ipotizzare raffigurazioni visionarie nell’arte parietale preistorica. Pertanto, al di là del singolo pittogramma, la letteratura scientifica “dimostrabile e riproducibile” ci dice che l’ambito nel quale indagare, sempre con l’obbligo dell’ipotetico, è quello della rappresentazione del reale, magari anche in forme astratte , ma non di soggetti trascendenti. In virtù di questo è più probabile e allineata con le esegesi diffuse in tutta l’area Europea una raffigurazione paesaggistica piuttosto che sciamani o divinità che dir si voglia. E comunque, l’eccezionalità della raffigurazione sarebbe davvero importantissima molto più che un semplice stregone. I riferimenti di Dolmatiff si rifanno a culture e pratiche esistenti al giorno d’oggi nell’area delle Ande praticate da popoli che hanno origine dalla Cultura Folsom, e perciò non sono accomunabili nè con l’area idruntina nè col periodo storico di cui stiamo disquisendo. Ovviamente, questo contributo è limitato dal tempo e dallo spazio cortesemente concesso, dovendo tali argomenti essere trattati con maggiore profondità e riferimenti tecnici che solo una pubblicazione possono consentire. Grazie

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