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Channel: Commenti per Spigolature Salentine
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Commenti su Il dolce più popolare del Salento. La sua storia, la ricetta di massimo vaglio

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Si Floriano, si tratta di un caso di sinonimia, invero si tratta di due prodotti piuttosto differenti, quelli sopra riportati sono i mustazzueli ‘nnasprati, mentre gli altri sono mostaccioli al vincotto, non presentano la glassatura di zucchero fondente al cacao e gli ingredienti vengono amalgamati con il vincotto o con il cotto di fichi!!!


Commenti su Le macchie d’Arneo di Alberto

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ricordo di aver visto un interessante documentario alle superiori, dal titolo ARNEIDE!
purtroppo la mancata redistribuzione del demanio ai contadini dall’eversione del feudalesimo fino a non molto tempo fa è una piaga storica che ancora ci portiamo dietro

Commenti su Lu spilu e la sciàna di armandop

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Al lemma sfizio (passato dal napoletano nella lingua nazionale e nel nostro sfizziu) tutti i dizionari di italiano registrano, quando va bene, etimo incerto; quelli dialettali si sono sbizzarriti in un ventaglio di proposte tra cui emergono: il latino satisfàcere=soddisfare, il greco fyxis=fuga con aggiunta di s- intensivo, ancora, sempre con aggiunta di s- intensivo, il latino vitium. La prima proposta è, forse, la più calzante sul piano semantico ma certamente la più debole su quello fonetico (come spiegare, fra l’altro, la caduta imponente di tanti fonemi?); la seconda, al contrario, potrebbe andare bene foneticamente ma è troppo traballante semanticamente; la più attendibile appare, al momento, la terza. Qualunque sia l’etimo di sfizio, però, insormontabili ragioni di carattere fonetico escluderebbero il suo rapporto con spilu.
Quanto a irri credo sia forma sostantivata abbreviata da irritare (di etimo sconosciuto…oggi non è giornata), ma non sinonimo di spilu, per quanto quest’ultimo produca uno stato di eccitazione nel soggetto che lo prova e di probabile irritazione in quello che ne è spettatore, specialmente quando quest’ultimo si sente palesemente o occultamente implicato nella sua soddisfazione; potrebbe, perciò, essere sinonimo, tutt’al più, di capriccio.

Commenti su Le macchie d’Arneo di nino pensabene

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Le “Lotte dell’Arneo” sono una pagina lunga e dolorosa della storia del Salento, in seno alla quale andrebbero prese in esame le passioni partitiche e la politica agraria del tempo in cui la “Riforma” si concretizzò, col risultato però che per mancanza di prospettive concrete di reddito molti o quasi tutti i contadini assegnatari abbandonarono la terra loro assegnata.
In sintesi, ci sono stati degli errori governativi e sindacali: lo Stato ha speso miliardi per fare case coloniche, pozzi, strade, ecc. ecc., ma ai fini produttivi? Non bastava dire ai contadini: “Andate e buttate l’anima a dissodare una terra dura come il ferro… Lavorate, lavorate ma aspettate anni prima di guadagnare un soldo!” Ci voleva ben altro, ci voleva! Ecco perché i contadini si videro costretti a tornare al paese più sconfitti di prima, con la sola etichetta di nuovi proprietari!
Terra nuovamente incolta, dunque, case abbandonate, miliardi sprecati! Il vero profitto in questa vicenda fu degli speculatori edili, i quali – proprio attraverso le terre vendute della riforma – iniziarono la deturpazione delle coste salentine, fabbricando abusivamente e arricchendosi a dismisura.

Commenti su Un antico piatto salentino per la vigilia di Natale di nino pensabene

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Tenendo presente che il volume gastronomico uscì nel dicembre del 1969, si può stabilire che la pubblicazione di questo racconto risale esattamente a 42 anni or sono, periodo di tempo più che sufficiente ormai per svelare l’esatta identità di una delle tre donne protagoniste, alla quale – essendo ancora viva al momento della scrittura – la Giulietta, per evitarle qualche possibile sgridata da parte dei figli o parenti, preferì chiamarla Peppa e non Cuncetta qual’era il suo vero nome. Cuncetta, detta “la curfiòta”, ossia Concetta Rizzo (1882-1972), morta a 90 anni.
Che fosse l’unica anziana in paese a portare ancora “la lunga gonna arricciata” è vero, ed io ricordando le sue visite e associando la figura al nomignolo “curfiòta” (“di Corfù”) giustifico, anzi do la reale motivazione, a tanti suoi esasperati gesti da vero teatro greco, venendomi addirittura il dubbio che da giovane potesse essere stata una “chiangimuérti” (“prefica”).
Nessuno può immaginare la scena a cui io assistevo ogni qualvolta veniva a trovarci: appena finito di salire la scala, si stendeva a pancia in giù a terra tra pianerottolo e sala d’ingresso e, a braccia aperte, baciava il suolo mentre con la destra tracciava un segno di croce. Un’operazione a vietare la quale non c’erano mezzi di convincimento e che la Giulietta attribuiva ad arcaiche regole di sudditanza dovute a reminiscenze bibliche, cioè al gestuale rispetto, anzi riverenza, che i pastori ebraici mettevano in pratica quando, in prossimità della Pasqua, si recavano a Gerusalemme per adempiere, presso il Tempio di Salomone, all’annuale offerta di agnelli.
Gestualità affettiva, da parte della Concetta, che continuava per almeno cinque minuti dopo essersi messa in piedi: baci, abbracci, sbracciate e pianti a non finire intercalati da un continuo “Beddhra… bbeddhra mia…” E rivolta a me “… ca jò l’àggiu crisciùta… jò l’àggiu purtàta am brazze!…” Una scena teatrale, ripeto, sicuramente invidiata da una delle migliori attrici, anche perché da inquadrare nel contesto visivo del personaggio: gonna arricciatissima fino ai piedi, facciulittòne (scialle) in testa e volto da pagnottella che – senza un dente in bocca – era di una bellezza espressiva notevolissima, caratterizzato da una geografia di fitte rughe da sembrare uno speciale mappamondo.
E’ vero che la Concetta era stata presso la famiglia già da bambina, cresciuta dalla bisnonna, per cui l’affetto poteva essere verace; è vero che la Giulietta era amata da tutti, soprattutto dalle classi subalterne, nel senso che di lei si fidavano; pur tuttavia a me, che mi trovavo “nuovo” al cospetto di tali esagerate manifestazioni, dava l’idea di trovarmi – e non soltanto con la Concetta – in platea ad assistere a delle finzioni sceniche. E sto calcando su questo concetto per mettere in risalto quanto nella narrazione la Giulietta fu parca nello sbozzo dei personaggi, rivelando anche qui il suo carattere asciutto, di donna di pochissime parole.

Questa mia precisazione mi è sembrata doverosa sia nei confronti del lettore e di riflesso dell’autrice – che viene così riscattata dall’aver camuffato l’identità del personaggio -, sia nei confronti, appunto, di Concetta, quasi un renderle giustizia per essere stata disconosciuta – al cospetto dei suoi tre compagni di lavoro e della società del tempo – di un’esperienza esistenziale che l’ha sottratta alla realtà storica. Sì, perché nel bene e nel male – e nessuno di noi oggi è in grado di giudicare – il tutto è racchiuso in una realtà storico-antropologica dove la ricchezza e la miseria, il potere e la sudditanza, la nobiltà e il proletariato non sono da addebitare agli uomini per i contingenti ruoli rappresentati, ma alla legiferazione governativa che approvava o imponeva gli stessi ruoli. E’ un po’ come succede nelle dittature; un po’ come sta succedendo oggi con uno Stato che intende mettere a dieta i pensionati; ed è come potrebbe accadere se lo stesso Stato decidesse di togliere le pensioni facendo tornare alla povertà dei tempi rappresentati nel racconto. E se a quei tempi molti giovani contadini per vincere la fame occuparono le terre d’Arneo, parecchi dei quali facendosi ammazzare, cosa potrebbero fare oggi i vecchi pensionati? Occupare Roma facendosi ammazzare davanti al Palazzo del Governo?

Commenti su a Montorio Veronese la 7^ FESTA SALENTINA di chiara

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Ciao Roberto! se ti interessa anche nel nostro locale in provincia di Vr facciamo festa salentina!!!!
contattami x info a “chiara.benzon@alice.it”

Commenti su Francesca Trane. Una biblioteca a Ruffano di Ezio Sanapo

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Spett. Francesca Trane
Sono in possesso di tre volumi, anche questi trovati a Ruffano nei primi anni ’80 unitamente ad altri offerti alla biblioteca provinciale.
I tre volumi che mi riguardano sono disposto a mettere a disposizione della vostra biblioteca, in segno di apprezzamento per la vostra iniziativa. Saluti e Auguri
cell. 339 1971503

Commenti su Poesia/ Vigilia di Natale di carlo

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Bella sincera mente stellare.


Commenti su Poesia/ Vigilia di Natale di Guglielmo Campione

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un haiku italiano…fugace e intenso come il fulmine…ciao Nino

Commenti su Poesia/ Vigilia di Natale di nino pensabene

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Ciò è dovuto alla grande sintesi che permette di concentrare in pochi versi la forte emotività dovuta a un pensiero-sentimento religioso.
Grazie, Guglielmo, per questa tua gradita visita su “Spigolature”, e auguri ancora per l’anno nuovo.

Commenti su Poesia/ Vigilia di Natale di nino pensabene

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E grazie anche a Carlo, al quale formulo ugualmente tanti auguri!

Commenti su 26 dicembre. Santo Stefano. Una tela di Antonio Verrio in Sant’Irene a Lecce di Alberto

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una tela meravigliosa, l’ho vista e fotografata di recente senza sapere di chi fosse, attrae come una calamita

Commenti su Vicende della masseria e feudo di“Ogliastro” di dario

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Si può avere una immagine dello stemma anche se è sciupato?

Commenti su Il grano del Salento leccese che fine ha fatto? di Cosimo Napoli

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E tutto l’inquinamento causato dal trasporto delle merci da una parte all’altra del mondo? Non lo consideriamo? Le leggi di mercato non possono continuare ad essere ingovernate… devono assolvere anche al compito principale: garantire benessere sociale diffuso. Se il grano che arriva dall’Australia venisse tassato in modo da risultare poco conveniente… il pastificio di Altamura tornerebbe a comprare il grano salentino… o no? Ma la cosa più importante è che dobbiamo sapere la provenienza di ogni predotto alimentare e delle sue componenti… anche dell’acqua con la quale è stata impastata la semola. E noi consumatori… guardiamole bene ste benedette etichette… favorendo le imprese locali… se possibile!

Commenti su Il grano del Salento leccese che fine ha fatto? di Elsa Carrisi

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Santi interrogativi su quello che mangiamo! Pane e pizzi se fatti con grano australiano o ucraino non possiamo considerarli prodotti pugliesi! Forse neanche i pomodorini lo sono! E’ tempo di mietere davvero in ogni senso. Grazie all’autore dell’articolo, Antonio Bruno. Che questa crisi serva a recuperare le nostre genuinità locali, inquinamento permettendo!


Commenti su Il grano del Salento leccese che fine ha fatto? di Centro Studi Agronomi

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Se sono consapevole, allora tutto è possibile! Se mi propongono di mangiare il sushi significa che so perfettamente che nella cucina giapponese il sushi è un cibo a base di pesce, alghe, vegetali o uova e quindi non mi arrabbierò se poi qualcuno mi da del mangiatore di alghe.
Io non sopporto le barriere, penso che il globo non appartenga a nessuno di noi perché appartiene a ognuno di noi. Penso che le persone e le merci debbano avere la libertà di muoversi in questo pianeta senza restrizioni di alcun tipo. Ma sono convinto che se mi danno del grano australiano io devo essere consapevole che sto mangiando grano australiano e non possono invece molirlo per farne farina, per poi trasformarlo in pasta e ingannarmi facendomi credere che sto mangiando pasta italiana solo perché è stata prodotta in un pastificio che ha sede in Italia oppure pasta del Salento solo perché il pastificio è nel Salento. Einaudi affermava “Conoscere per decidere”, quindi mi chiedo e ti chiedo: se non so che in quale paese è stata prodotta di che farina è fatta quella pasta come faccio a decidere di acquistare quella del pastificio “La Pasta del Nonno” o quella del Pastificio “La Pasta della mamma”???
Basta con i furbetti del Salento, basta con quelli che si nascondono dietro alle leggi e i regolamenti, devono smetterla di speculare sul cibo, è insopportabile e immorale!

Commenti su E’ tempo di anguille. Cosa bisogna sapere e come prepararle di Salvatore Calabrese

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Anche i nostri mari erano ricchi di anguille. Ricordo da ragazzino, negli anni 60, vicino alla fonte sorgiva delle 4 colonne, quando l’acqua che sgorgava era potabile e non inquinata, in alcuni periodi dell’anno si vedevano le anguillette svincolarsi tra i ciottoli immersi nelle basse acque che dalla fonte si scendevano verso il mare aperto. Una volta son riuscito ad intrappolarne una e metterla in una bottiglia di birra abbandonata sugli scogli. Quel trofeo vivente, con la bicicletta, lo portai a casa dove i miei increduli della mia pesca (effettuata solo con le mani e senza l’ausilio di reti, ami, caritari o altre diavolerie) la misero in un secchio d’acqua e la svuotarono in una cisterna di acqua piovana dove, forse, tutt’ora ancora vive.

Commenti su E’ tempo di anguille. Cosa bisogna sapere e come prepararle di Marino Miccoli

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molti e svariati mestieri di un’epoca passata che era semplice, caratterizzata da persone anch’esse semplici e genuine, oggi non esistono più.
Io ricordo il passaggio per le vie del mio paese, SPONGANO, del VENDITORE DI ANGUILLE; egli le serbava in due secchi colmi d’acqua appesi al manubrio della sua bicicletta. Nel Salento, donde provengo, erano tenute nelle cisterne d’acqua piovana per mantenere l’acqua pulita dai vermi e dagli altri parassiti. Infatti questi serpentiformi innocui e sfuggenti si nutrono di piccoli animaletti che come loro vivono nell’acqua. Quando arrivava il momento di effettuare la pulizia periodica della cisterna che pertanto doveva essere totalmente svuotata, si prestava la massima attenzione a recuperare l’anguilla che poi veniva nuovamente immessa in quel luogo. L’anguilla in tal modo viveva degli anni in quella che era divenuta ormai la SUA cisterna, ed era considerata dalle persone di quella casa alla stessa stregua di un animale domestico,considerato utilissimo per la sua funzione anti-parassitaria!
Marino Miccoli.

Commenti su Buon Natale e Felice Anno Nuovo! di Carlos d'Amore

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Forse é la volta buona per smettere di dare valore a cose materiali che in realtà non sono così importanti e valorizzare sentimenti trascurati che invece ci distinguono come umani!
Buon anno con molta più fraternità e principi morali!

Commenti su I formaggi della pecora Moscia Leccese di Salvatore Calabrese

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Il formaggio con i vermi? Siii a Nardò lo si chiamava CASU PUNTU e non si trattava di un formaggio andato a male e pronto per essere inoltrato nella spazzatura, tutt’altro, era molto ricercato e apprezzato, inoltre al gusto intriseco del formaggio il meglio lo si degustava nel sentire lo scricchiolio tra i denti del vermetto il quale stimolava le ghiandole salivari e per armonizzare al meglio i sapori era necessario e doveroso annaffiare il tutto con dell’abbondante GNORUMARU

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