Cara Raffaella, tu mi provochi e mo’ ti becchi la mia indagine filosofica sul bisogno femminile di comprare tante scarpe! Ehehe!
Uomini e donne: l’errore di Kant
Kant non si è mai sposato. “E per niente era un genio?”- direbbe qualcuno, ma non è questo il punto che ci interessa discutere qui. Tale particolare biografico permette di comprendere, e in parte giustificare, l’errore fondamentale del suo grandioso sistema filosofico: la pretesa che le forme trascendentali della conoscenza fossero le medesime in tutti gli esseri umani, tanto di genere maschile quanto femminile. Quello che tradì il filosofo fu proprio la mancanza di quanto egli sommamente aveva in conto, ossia l’esperienza stessa, non avendo avuto a che fare con una compagna da osservare per un tempo necessario ad uno studio rigoroso della questione, cosa che gli avrebbe certo permesso di comprendere facilmente quanto fosse ingenua e arbitraria l’estensione della sua visione epistemologica anche alle donne.
Le forme a priori e le categorie che il filosofo individuò e descrisse meticolosamente nella Critica della ragion pura non valgono infatti, come mostreremo, se non esclusivamente per quegli esseri umani di cui egli poteva avere un’esperienza immediata per appartenenza personale al genere, ossia i maschi stessi.
Per cominciare non siamo certi che il filosofo avesse ragione in merito alle facoltà indagate nella prima sezione della Critica (ossia nell’Estetica trascendentale), quella sezione cioè che si occupa delle intuizioni sensibili e delle relative forme a priori, lo spazio e il tempo, da Kant ingenuamente considerate universali e dunque valide tanto per la mente maschile quanto per quella femminile.
Siamo infatti ragionevolmente propensi a pensare a distanza di poco più di due secoli da Kant che:
1) l’incapacità connaturata nelle donne di guidare una macchina decentemente – calcolando tempi per i sorpassi, le distanze dagli incroci e dagli altri veicoli parcheggiati e così via;
2) la tendenziale avversione delle donne per le discipline matematiche (discipline per lo stesso Kant fondate appunto sulle intuizioni sensibili di spazio e tempo)
siano due potenti indizi che potrebbero rivelare ad un’indagine più attuale una diversità oggettiva tra uomini e donne anche nella sfera delle intuizioni sensibili. Questi evidenti indizi di diversità non potevano essere colti da Kant per ragioni storiche ed oggettive: alla sua epoca non circolavano donne al volante né del resto molte erano quelle dedite allo studio.
Ciò nonostante, non avendo ulteriori prove per dirimere completamente la questione a questo primo livello, preferiamo concedere al filosofo almeno la validità dell’Estetica trascendentale per entrambi i generi, ossia per l’umanità in generale. Questa concessione tuttavia non è nel modo più assoluto praticabile nel caso delle categorie dell’intelletto, indagate nella seconda parte della Critica (l’Analitica trascendentale).
Analizziamo ora velocemente, con degli esempi chiarificatori, alcune di queste categorie attraverso cui, nella visione di Kant, il nostro intelletto filtra ed ordina l’esperienza e ce la rende concepibile, ravvedendone immediatamente i limiti di applicabilità alla mente femminile.
Prendiamo ad esempio le categorie della quantità, ossia: unità, pluralità, totalità.
Se queste categorie caratterizzassero l’intelletto femminile sarebbe semplice far comprendere ad una donna qualsiasi quanto l’esperienza comune mostra invece essere per lei assolutamente incomprensibile e inaccessibile con l’uso di tali categorie. Per esempio, provate a dire alla vostra compagna: “Cara, un solo paio di scarpe, che costa peraltro una pluralità di euro, fai in modo che ti basti per piacere per la totalità dei giorni di questo mese” e noterete immediatamente la sua reazione inebetita, un annuire stordito, vacuo e indefinibile, talvolta addirittura violento, di certo poco razionale e kantiano. Non vi sorprenda poi il fatto che dopo una settimana appena, o magari il giorno dopo stesso, ella arriverà a casa con un altro paio di scarpe pagato con un’altra pluralità di euro: non sarà il caso di prendersela signori, non l’avrà portata ad agire in quel modo un intento provocatorio trattandosi piuttosto di un errore filosofico vostro, lo stesso commesso da Kant: il fatto è che avrete chiesto ad una donna di concepire il mondo secondo le categorie del vostro intelletto maschile, quello per cui un paio di scarpe nuove si compra solo quando avete l’alluce che fuoriesce.
Qualche uomo potrebbe illudersi di poter colmare la distanza epistemologica tra lui ed una donna facendo ricorso alle altre categorie dell’intelletto descritte da Kant, scontrandosi però ancora con inevitabili fallimenti.
Ve ne offriamo una prova. Una volta constatata l’assenza delle categorie della quantità nella mente della vostra compagna, potreste credere che, facendo ricorso ad altre categorie da rinvenire nell’essere mentale della donna, potreste ottenere i risultati sperati, ossia farle comprendere che non è necessario avere tante scarpe. Potreste pensare allora di fare ricorso alle categorie della modalità, ossia: possibilità-impossibilità, esistenza-inesistenza, necessità-contingenza, riformulando la vostra preghiera in questo modo: “Cara, vorrei farti comprendere che non è possibile (possibilità-impossibilità) acquistare continuamente scarpe essendoci in questa casa l’entrata di un solo magro stipendio (esistenza-inesistenza) che ci serve soprattutto per incombenze inevitabili, come pagare il mutuo e sopravvivere (necessità-contingenza)”. Constaterete anche in questo caso la vacuità dello sforzo quando la rivedrete puntualmente rincasare alcune ore dopo con almeno due paia di scarpe nuove e cinque costosissime borsette griffate! Se a quel punto la voglia di spaccarle qualcosa in testa vi assalisse, vi preghiamo di affrontare la questione con filosofia e non prendervela con lei ma con il fallace sistema gnoseologico elaborato da Kant, il quale – lo ribadiamo ancora a sua discolpa – non ha mai avuto in casa uno di questi strani esseri che chiamiamo donne per constatare i suoi evidenti errori!