Sacrifici simili alla brina delle mattine d’inverno, quasi al buio, quando uomini e donne andavano incontro alla propria giornata di lavoro in campagna, conservando le energie all’andata e dissolvendo quel poco rimastone al ritorno, in canti liberatori. In questa coralità di gesti, bisbigli e colori, Antonio è un personaggio, lui non partecipa ai pettegolezzi, ma aiuta quando c’è bisogno. Curva anche la sua schiena sul frutto amato della terra di Puglia, l’oliva. Solitario, Antonio accudisce il proprio cavallo così come mostra premura per il disporsi delle donne stanche sul carro a fine giornata. Fa il suo dovere e risparmia le sue energie per pensare, e il suo è un pensiero che vola sulle teste di tutti, che si prende a braccetto col fruscio degli ulivi al vento, che diventa cosmico insieme agli sbuffi di aria e salsedine nelle narici e sui muretti a secco; un pensiero, il suo, che non si specchia in un’immagine di donna, ma in una ricerca di vita. Intanto i contadini come lui, uomini e donne, ragazzi e ragazze, girano tutt’intorno al loro mondo fatto di piccoli sogni, di pezzi di pane da masticare in allegria, di aspettative, di teneri amori in boccio e di vita vissuta alla giornata. Ognuno di noi, se rimane in silenzio, può sentire anche ora gli echi di quei canti popolari più forti delle campane della chiesa, più irruenti di un battito giovane di cuore: niente paura, è il suono della nostra umile e splendida storia.
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