Potrei scrivere dei miei calzoni bucati, dell’aria salubre dei campi, della rivolta degli oppressi, del sublime e del brutale, ma niente sarebbe se non avessi la poesia negli occhi e la loquacità del cuore di Giorgio Cretì. Un pezzo da 90, si dice solitamente per indicare un fuoriclasse. Qualunque sia l’argomento fortunato scelto dalla sua penna, il lettore lo vive sfiorando la terra come il cavallo arabo montato da Biagio, destriero dal tramestio selvaggio immune da graffi e cadute.Lo scrittore accompagna, lo scrittore trasforma l’indescrivibile della passione in ovvietà della parola di classe, quella che ti fa sentire l’eco di un trotto sul selciato lanciarsi al galoppo sulla sabbia con lo stesso ritmo delle emozioni di un uomo.Leggo i mille pensieri sussurrati dallo sguardo scintillante di una dama, novella Circe, inspiro il compiuto che si sfuma all’orizzonte, libero dagli angusti spigoli della fine di un racconto che si congeda dal mondo.
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