Il gigante buono cantato da Elio è poeta che col suo profilo frondoso ispira lo sguardo adorante che dal basso si lancia verso l’alto. Già, siamo uomini e pertanto di statura fisica di gran lunga più contenuta di un pino secolare, sebbene di capacità di volo ispirata all’infinito. E’ così che Elio celebra il compagno silenzioso tra una tirata di sigaretta e un’elegia d’amore. Splendide le immagini, l’alternarsi di luce, di afa estiva e refrigerio notturno, dell’ombra che generosa si dona senza chiedere niente in cambio. Ma l’autore gli rende comunque il ricordo come attestato d’amore e gratitudine, prova della sua stessa esistenza e al contempo esempio di vertiginosa moralità anche nel tratto più declive del vivere umano. Il pino accoglie tra i suoi rami i sentimenti dell’autore, il riposo dei passerotti, la storia di Aurora; come un uomo, quest’albero si nutre d’amore e conta i giorni attraverso lo scorrere rallentato di una linfa che lo porterà a ricongiungersi con l’amata. Mèta dell’esistenza, consacrazione di una vita all’immortalità. Splendido scritto.
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