Riprendo dall’articolo di Giacomo Cazzato quanto segue: “Le parti che hanno sottoscritto tale Convenzione, inoltre, si sono impegnate a: “riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressioni della diversità, del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità “ ( v. art. 1),” per esprimere la mia piena adesione e condivisione di questo impegno e colgo l’occasione per ricordare il valore delle tradizioni familiari, dell’unità, dell’armonia che lega indissolubilmente l’uomo alla sua terra, armonia che il denaro non deve intaccare pena la distruzione senza più
speranza di ciò che i nostri padri ci hanno lasciato.
Posti di lavoro? E’ mai possibile che la questione dei posti di lavoro sia sempre sollevata a giustificazione di interventi che poi si rivelano inutili e improduttivi? Si tratta di una strategia (sindacale?!) occupazionale che non può essere una bandiera per realizzazioni che cozzano contro obiettivi ben più importanti che perseguono un’idea di progresso globale nel rispetto delle risorse locali.
Ad Haldol rispondo che il denaro non si può mangiare! Domani, se continuiamo a credere nel denaro risolutore di ogni cosa, non avremo più cibo, non avremo più il piacere di fare una “scampagnata” senza doverci ritrovare davanti agli occhi la tristezza di ponti, colonne di cemento, pale eoliche, montagne di rifiuti, aria inquinata dalle emissioni di camion e auto che oscureranno le nostre bellezze paesaggistiche rendendole non più idonee ad incrementare il turismo, l’agricoltura, l’allevamento e non ultimo, ma primo, il piacere della popolazione di conservare tradizioni e modi di vivere il territorio che già oggi abbiamo dimenticato.
In memoria di questo mondo quasi scomparso esprimo il mio appello e la mia posizione nel mio profilo Facebook con una foto preziosa tratta dal mio archivio familiare. Negli anni Sessanta c’era l’abitudine, nel giorno di festa, di riunire tutta la famiglia per una “scampagnata” per raccogliere piante selvatiche, ammirare i campi di grano, magari farsi anche qualche “cantata” a squarciagola, con occasioni per i bambini di scorazzare nei campi, salire sugli alberi, giocare…. Oggi, purtroppo, il benessere naturale lo cerchiamo disperatamente e tragicamente nel denaro. Per respirare e per fare ginnastica andiamo, infatti, nelle palestre dove “esperti” istruttori pretendono di insegnarci a respirare, a muoverci, ci suggeriscono le tecniche più strampalate per “recuperare” o mantenerci in salute (ma quale salute, quella del denaro?), il tutto a suon di quattrini in un ambiente insalubre per eccellenza. I bambini li teniamo seduti sul banchino di scuola sei ore al giorno e più, poi a casa davanti alle tecnologie o li affidiamo ad altri istruttori per imparare questo e quello, meno il piacere di conoscere la natura “respirandola” direttamente, amarla perché fonte di benessere e, di conseguenza, rispettarla. Non si rispetta niente se non conosciamo e non sviluppiamo consapevolezza dell’esistenza di qualcosa. Come pretendiamo comportamenti responsabili dai bambini se non li mettiamo in condizione di conoscere l’ambiente e di essere critici verso tutto ciò che il mondo economico-produttivo e le forze sociali e politiche propongono con uno spirito contrario al mantenimento dell’equilibrio uomo-natura? Come risolviamo le grosse contraddizioni di un pensiero, di una ideologia (quella del progresso e del denaro) che predica la salute e il benessere e poi di fatto realizza esattamente tutto il contrario in un ambiente che diviene sempre più inabitabile?