Prescindendo dal fatto che ogni conquista del cosiddetto progresso ha una doppia faccia (è uno strumento per la vita ma può essere anche un’arma per difendere la propria o per spegnere l’altrui), la cosa che più mi lascia disorientato alla luce di quanto sta accadendo in Giappone è che l’uomo ormai è giunto, sotto ogni latitudine, ad un tale livello di cinismo e di ottuso ossequio alla politica dello struzzo nonché di asservimento ai grandi interessi economico-finanziari, che la recente catastrofe ha ispirato tutti a dire tutto e il suo contrario, mentre imperterriti si continua a tacere sul problema irrisolto dello smaltimento delle scorie, condannando pesantemente ad un futuro ricco di pericolose incognite (queste incognite, poi, tanto incognite non sono dal momento che ben si conoscono i tempi, direi da era geologica, di decadimento di alcune di loro) i nostri discendenti, cui stiamo consegnando una parvenza di natura per la quale non riesco ad immaginare quale attributo escogiterebbe oggi un novello Leopardi dopo che l’antico poco meno di due secoli fa si era già giocato “matrigna”. Questa volta, però, la responsabilità totale della presunta cattiveria della natura sarebbe soltanto nostra.
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