C’eravamo lasciati con la pioggia e anche se questa continua a sferzare sadica il protagonista, per fortuna qui fuori c’è il sole.
Non so se Pasquale avesse pensato alle conseguenze che si sarebbe tirate dietro il suo ritorno, ma so di certo che tornare o andare è spesso un istinto irrefrenabile, un cunicolo che ti risucchia senza lasciarti scelta. Nella mente del simpatico ‘figliol prodigo’ si accendono man mano ricordi e suggestioni come i ceri votivi nelle mani di vecchie beatille. La sfilata inizia con le strade, la masseria dismessa teatro di giochi e spensieratezza infantile, la grande chiesa in piazza, i vicoletti del centro storico lanciati in corsa alla ricerca sempre più ravvicinata del centro della sua esistenza, la casa. Pur piccola e modesta che sia, la casa è il fulcro della storia di un individuo, la vernice che lascia i suoi segni addosso a un uomo per sempre.
Il non riuscire a identificarla fiacca Pasquale facendogli sentire ancor più il peso della pioggia, della stanchezza e della delusione. Un attimo ed ecco materializzarsi davanti ai suoi occhi un particolare familiare, le colonne in pietra leccese che aprono l’ingresso al cortile, il suo cortile. Il sole dei ricordi esplode d’improvviso annullando la pioggia e la fatica e s’impossessa di ogni particolare per fare breccia nel cuore del protagonista allo stesso modo di quando un esule salentino torna nella sua terra: tutto gli appartiene e la memoria marca ogni immagine come un cane padrone del suo mondo. Emozionante sentire attraverso i pensieri di Pasquale l’umiltà della vita di un tempo, le abitudini dettate dal sacrificio e nobilitate dalla dignità della sua famiglia, dignità comune a tutta la nostra gente di Salento. Ed ecco in agguato lo scontro tra generazioni, tra due sensibilità diverse, quella del vecchio padre, contadino indurito dal sudore, e quella del figlio, giovane vita proiettata verso la spiritualità delle cose, a iniziare da Mozart. Bruciano come scudisciate le ingiurie rabbiose e affettuose di un padre che con uno schiaffo cerca a suo modo di salvare il figlio da un demone sconosciuto che quello chiama ‘Hobby’, un mondo frivolo fatto di parole, musica, magari poesia, insomma, tutte cose che, nella mentalità antica, avrebbero portato il suo ragazzo alla perdizione e non al pane.
Chissà se veramente Chiara, la sorella di Pasquale, dal giorno della sua partenza lo abbia cancellato dalla sua vita fino a dimenticarsene. Il citofono della sua vecchia casa direbbe proprio così… Un’ilarità di reazione trascina allora il protagonista ad estraniarsi da questo nuovo dolore immedesimandosi in Gene Kelly in ‘Singing in the rain’. Sarà stato per l’imput del ‘Canta che ti passa’? L’autore di questa intensa e realistica storia conosce il significato della solitudine e costruendo le scene che seguono all’amarezza delle scoperte del suo protagonista, ne enfatizza la brutalità costruendo scene di dolore mascherato, pur addolcendone il morso con la piccolezza pettegola di paese, quella capace di tessere ricostruzioni e supposizioni sfornando fresco, fresco un soprannome al primo passante in odor di ‘stranezza’. Per fortuna la pioggia risparmia a Pasquale l’ingiuria di ‘Pacciu’ perchè tiene chiuse le imposte delle case e aperta la fantasia salvifica del protagonista. Se quindi ‘Al cuor non si comanda’, niente può neanche fermare la nostra curiosità di leggere e scoprire le splendide avventure del nostro romantico pisano di Noha.
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Commenti su Il Mangialibri/ I’m singing in the rain di Raffaella
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