Quando le parole, ornate del loro significato più prezioso, tolgono il fiato. Virtù di questa introduzione di Alfredo Romano, straordinaria per la semplicità e la naturalezza con cui racconta, spiega e regala emozioni. Alfredo ci colma di doni davvero inestimabili nel tramandarci la figura e il valore dei genitori e degli amici che oggi ‘cuntanu cunti’ e declamano poesie in sedi più alte. Il mondo contadino viene incontro al nostro immaginario attraverso il suo lavoro solitario nei campi o tra le mura di casa da un lato, e il suo irrefrenabile bisogno di condivisione e di fusione con il mondo dall’altro. Un tempo, per arrivare a questo si ricorreva, soprattutto per le donne, alla messa vespertina, luogo di contatto con Dio e con le amiche dopo le fatiche della giornata, all’osteria e alla piazza per gli uomini in vena di confronti e di chiacchiere, alla soglia delle case d’estate per i racconti e i pettegolezzi, a piccole feste e a qualche piatto scambiato tra vicini per sugellare un’intimità che dava sicurezza. Alfredo ha ereditato dai suoi cari l’uso disinvolto della parola e non intesa come artificio, ma come luogo di culto, il culto dell’uomo, della storia e della lealtà.
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