“Il culmine del lavoro di gregorianista si concentrava nella Settimana Santa, quella che precede la Pasqua, dove ogni giorno, da mane a sera, si stava in Cattedrale per eseguire nel coro ligneo, dietro l’altare, le parti mobili della messa (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e l’Agnus Dei) e quelle immobili (Introito, Graduale, Offertorio, Communio); inoltre salmi, antifone, inni, sequenze e tropi.
I canti facevano da sfondo a infiniti riti liturgici dove altri seminaristi erano stati a loro volta addestrati nello studio degli atti cerimoniali infiorettati da coreografie minuziose di estremo abbellimento, in linea, c’è da dire, col nostro stile
barocco che non appartiene solo alle facciate di palazzi e di chiese, ma anche al nostro modo di vivere, di fare e di intendere la vita. Al confronto, oggi nella liturgia tutto è stato semplificato e ridotto all’essenziale: sarà pure motivato, ma è come se fosse scomparso il mistero di cui i credenti, in fondo, si nutrivano. Le cerimonie del Venerdì Santo, per dire, duravano letteralmente sei ore, un vero tour de force. C’è da dire che la Cattedrale era sempre affollata, i fedeli erano
attenti ai movimenti liturgici e ascoltavano con attenzione i canti gregoriani. Più volte, seminarista adolescente qual ero, ho cantato da solista davanti a quei neretini straripanti con quell’emozione che mi prendeva prima dell’esecuzione che ancora oggi non dimentico”.
da “Piccoli seminaristi crescono” di Alfredo Romano. Nardò, Negroamaro, 2011.
il “POPULE MEUS” che nei primi anni ’60 del secolo scorso eseguivano nel pomeriggio nella Cattedrale di Nardò durante le lunghissime azioni liturgiche in morte e passione del Cristo.
Popule meus è un canto a 4 voci composto nei primi anni ’60 del secolo scorso dal sacerdote musicista don Raffaele Martina di Casarano (Lecce). Qui canto solo la voce dominante. Veniva eseguito dai gregorianisti del Seminario Vescovile di Nardò il pomeriggio del Venerdì Santo quale “improperia” durante la liturgia della Passione di Cristo. Ascoltarlo a 4 voci era proprio bello. Don Raffaele MARTINA era sacerdote coltissimo ed è stato docente nel Seminario diocesano di Nardò. Era un appassionato musicologo e valente compositore di musica sacra. E’ mancato nel 1990. Di Lui mi resta un bel ricordo e perciò voglio darne una testiminianza che, di certo, non è all’altezza, perché manco di esercizio dopo tanti anni.
Ascolto del canto del Popule meus che ho registrato proprio stamane:
Il testo del Popule meus:
Popule meus, quid feci tibi? Aut in quo contristavi te? Responde mihi ! Quia eduxi te de terra Aegypti: parasti Crucem Salvatori tuo.
Traduzione:
Popolo mio, che ti ho fatto? In cosa ti ho contrariato? Rispondimi.
Ti ho liberato dall’Egitto e tu prepari la croce per il tuo Salvatore?