E’ sorprendente scoprire pochi righi scritti con accuratezza e riferimenti essenziali capaci di dare un quadro della situazione ricchissimo e coinvolgente. Vincenzo Ampolo ne è l’autore e a lui rivolgo la mia sincera ammirazione.
Filippo e Letizia sono le due facce del racconto: agiatezza, passività e pigrizia sentimentale nell’uno, povertà, impegno e ingenua passionalità nell’altra.
C’è chi si immola in nome della patria e della libertà e c’è chi si immola in nome dell’amore: Letizia è un’eroina triste che non trova porte aperte per la sua intelligenza senza mezzi economici e origini rispettabili nè per il suo sentimento senza ricambio e responsabilità da parte dell’amato.
Filippo è invece il niente, ovvero colui a cui in paese chiedono addirittura di chi sia figlio, tanto la noia lo sbiadisce nei suoi contorni fisici; il ragazzo, unico rampollo di una famiglia ricca e potente, non è portato per lo studio, sostanzialmente non ha voglia di fare niente come se l’ambiente che l’ha generato e nutrito sia privo di sostanze. Eppure il giovanotto segue la strada già segnata dai suoi e passa dal liceo classico all’università.
A questo punto Filippo e Letizia, innamorati maleassortiti, si dividono: la ragazza, novella Giulietta, costretta per miseria a rinunciare alla sua realizzazione personale, rimane in paese vivendo nel ricordo del suo primo amore e consacrandolo a giorni di solitudine fino alla morte in un ospizio; l’amato, un ‘Romeo al contrario’, parte indifferente al vuoto lasciato nel cuore della fidanzata, e continua a lasciarsi vivere fino a farsi sposare e mantenere dalla moglie. Arriva la vecchiaia anche per lui, la tappa che non perdona, quella fase che se da una parte rapisce la mente al presente, dall’altra la sveglia riattivando il cuore al passato. Vincenzo Ampolo usa pochi tocchi magistrali per sciogliere l’insofferenza del lettore verso Filippo, fantasma di ciò che si direbbe un uomo, e d’un tratto lo innalza agli altari di un ‘Vixi’ che gli ridona colore, che gli rende l’onore perduto abbattendo l’anonimato del suo pigro scorrere nel mondo. Filippo, vecchio a passeggio sui suoi ricordi, associa infatti un fiore alla Primavera della sua vita, quella della sua giovinezza accanto a Letizia, forse l’unica bella stagione dei suoi anni, certo l’unico intervallo in cui il suo cuore ha battuto, figlio dell’amore, dandogli un motivo per credere di non essere vissuto invano. Struggente storia di esistenze per un finale emozionante di redenzione: Filippo è figlio dell’amore per Letizia.
Non tutti i finali lieti, però, sono parenti delle favole.
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