A titolo di conoscenza, nello studio di Francesco Minonne dal titolo “I NOMI E LE PIANTE: PER UNA STORIA DELLE VARIETA’ AGRARIE DEL SALENTO”, parlando della pera “Petrucina” (e riporto qui di seguito un pezzo estrapolato dal suo studio) attribuisce a Giulietta Livraghi Verdesca Zain la denominazione-traduzione “Pera di San Pietro”.
Nella bibliografia cita anche il libro da dove ha attinto la notizia.
I1 Pero
Più di venti varietà diverse di pero, un tempo diffuse su tutto il territorio salentino,
sono oggi confinate a sparuti esemplari di alcuna importanza economica
e spesso del tutto abbandonati. Si tratta delle cosiddette “peraglie”, di piccole
dimensioni, con scarsa attitudine alla conservazione. Un tempo era la presenza
di numerose varietà, a maturazione scalare, che garantiva la costante presenza dei frutti sulla tavola.
Anche in questo caso i tanti nomi locali sono legati alla provenienza come:
“Franchiddhese” e forse anche la nota varietà “Petrucina”, un tempo molto comune nella cintura leccese, che Giulietta Livraghi Verdesca Zain (1994) indica come “Pera di San Pietro”; va detto che in alcune aree questa varietà viene anche detta “Pedicina” a sottintendere un riferimento al lungo peduncolo che la caratterizza. Non mancano le entità denominate con la connotazione più evidente dei loro frutti; è il caso di “Pero rosso”, “Cazzatello”, “Campanello”, “Pero cera”, “Faccia rossa”, “Ficateddhu” o, infine, con il periodo di maturazione come “Perella di maggio”, “San Giovanni”, “Pero d’inverno”.
Peraglie
I nomi e le piante: per una storia delle varietà agrarie del Salento
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