Non conosco i dettagli minuti della vicenda, tuttavia ho l’impressione che lo sdegno per la via scelta sulla ridestinazione di alcuni spazi del Palazzo Comi sia un po’ eccessivo. Non credo che quanto stia avvenendo precluda la possibilità di percorre parallelamente altre strade a completamento di un’idea progettuale variegata da comporre intorno ad un bene così importante. Altre parti del palazzo potrebbero ad esempio essere finalizzate a usi diversi, come quelli proposti sopra dal rettore Laforgia nel suo commento. Anzi, intrecciare possibilità diverse – purché ben armonizzate e integrate – mi pare la miglior via percorribile per pensare secondo modelli di sviluppo sostenibile che alla cultura, alla ricerca e alla valorizzazione storica del patrimonio integrino (sollecitandole) altre energie della società, comprese le forze economiche imprenditoriali. Qualcosa del genere è già avvenuto nel castello di Corigliano d’Otranto e mi pare che sia stato un modo riuscito e intelligente per valorizzare il monumento, ieri cadente e vuoto, oggi attraversato da flussi vari di turisti interessati al monumento agevolmente fruibile, avventori dei bar ospitati all’interno, partecipanti agli eventi culturali organizzati nelle sale del Castello ecc. L’unica certezza che credo ci possa accomunare tutti (favorevoli, critici e dubbiosi come chi scrive) è questa: lasciare certe realtà nello stato attuale di evidente abbandono e trascuratezza (ci sono passato poche settimane fa da quella piazza e l’abbandono trasudava da ogni centimetro di quel Palazzo) non reca alcun vantaggio a nessuno, né al patrimonio né all’economia del territorio né alla memoria stessa di quelle sale, così ben evocata dal buon Giacomo nel suo vivace pezzo. Ridare vita a sale antiche che raccolgono frammenti importanti della nostra memoria, ridestare l’interesse, la curiosità e la voglia di accostarsi a questi ambienti, in forme e modi diversi purché rispettosi del luogo e della sua natura: è questa la sfida vera e va accostata con serenità e apertura mentale da parte di tutte le forze e le intelligenze del territorio, in modi vari e complementari che disegnino vie sostenibili per valorizzare le risorse patrimoniali, rendendole memorie vive, godibili, fruibili, sottraendole all’oscurità e all’abbandono, quell’abbandono quotidiano, invisibile, quell’abbandono che non fa rumore e non cattura interesse mediatico, quella bestia silenziosa che lentamente ci sottrae tutto, il patrimonio, la ricchezza, le energie e la voglia di trasformare non per cancellare ma per conservare!
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