C’è una soffitta, nella mente di Paolo Vincenti, in cui giacciono km di pellicola vergine accanto a nastri già impressionati di storie, racconti, introduzioni, riflessioni, elucubrazioni. Il tutto non è oscurato neanche da un granello di polvere e questo stile fluido e acceso dell’autore ci avvolge ogni volta che la sua penna vuole dare inizio allo spettacolo.
Stavolta il sipario si apre su Mino De Santis, cantautore salentino intriso di tradizioni e sentimento, La presentazione del suo ultimo cd ce lo mostra ironico, profondo, poeta popolare come lo furono altri grandi cantautori oggi entrati a ragione nell’indice della Letteratura Italiana del ’900 e oltre. Interessante cogliere già dal titolo dei brani la capacità di De Santis di riassumere e concentrare figure storiche delle nostre atmosfere di paese: chi di noi, per esempio, non ha sentito usare e giudicare, nelle maniere più svariate, la figura del sacrestano? Chi non ha assistito a ufficializzazioni di fidanzamento un po’ naif? E le maldicenze e le ipocrisie, chi non le ha mai derise, sentite e interpretate?
Leggendo questo ricco e dettagliato articolo, mi convinco che sarebbe utile, bello e istruttivo ascoltare un po’ della nostra arte, ‘quella che nasce da dentro’ come il dialetto, attraverso le note e le parole di un artista melodico, a volte forse graffiante, altre poeta, altre ancora testimone oculare di ciò che non si vede. Quando tornerò a casa farò in modo d’impossessarmi di questo musicale faldone di prove, le prove inconfutabili della nostra storia.
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