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Channel: Commenti per Spigolature Salentine
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Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Giovanni

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Grazie per la risposta, Pier Paolo! Sai, il tuo è stato il contributo più efficace e completo che abbia letto in questi ultimi anni. Tuttavia torno a ribadire che la mancata analisi del concetto di “patrimonio culturale” fa, a cascata, cadere tutto il resto della tua analisi, giacché ciò che dici è vero: la pizzica NON è popolare (anche se sul termine “popolare” andrebbe fatta una dissertazione a sé) NE’ tanto meno è tipica, giacché la tipicità è considerata alla stregua dell’identità, ossia due concetti pericolosi se non ben contestualizzati.
Il patrimonio culturale, per dirtela in breve, è l’eredità che ci portiamo dietro dal passato. In altre parole, sono beni culturali (in questo caso immateriali) le memorie ereditate dal passato, mentre sono attività culturali (tipo la Notte della Taranta”) tutto quanto sia rivolto al futuro, perché diretto a formare ed a diffondere le espressioni più avanzate della cultura e dell’arte. Dunque la Notte della Taranta è un’attività atta a diffondere la conoscenza di un bene (anche discostandosi dalla filologia…).
La pizzica, come più volte specificato da me sia nel commento precedente che in altri scritti sparsi per la rete, è:
1) una delle tante espressioni musicali salentine;
2) una “contaminazione” di stili, iniziata sin dal tempo dei Messapi e protrattasi fino agli anni ’50 del secolo scorso;
3) una variante della famiglia delle tarantelle, che si discosta solo per un ritmo più accentuato e forsennato.
Detto ciò, va fatta un’altra precisazione: la pizzica che ascoltiamo oggi non è “genuina” in quanto è stata in qualche modo “recuperata” negli anni ’70, in quel periodo in cui la musica popolare veniva considerata da attivisti politici ed appassionati come una musica che poteva dare una coscienza di classe al popolo, in contrapposizione alla musica “leggera”, espressione della borghesia. Ecco che Giovanna Marini, Gianni Bosio ed altri misero in piedi il Canzoniere Italiano, un’esperienza seguita da Rina Durante, Roberto Raheli, Roberto Licci, Alessandro Girasoli ed altri qui in Salento, che diedero vita al Canzoniere Grecanico Salentino. Poi le cose presero una piega inaspettata…la musica popolare piaceva, tanto che iniziarono i primi concerti, i primi festival, accanto alla moltiplicazione dei gruppi di riproposta (Officina Zoè, Alla Bua, Aramirè, Ghetonia, ecc.). Questo fenomeno – non sto qui a parlarne – è stato a lungo analizzato da numerosi etno-antropologi nonché dall’UNESCO, ed è facile trovare qualche ottimo spunto di riflessione in rete.
Con l’esplosione del fenomeno “Notte della Taranta” e con l’estremizzarsi del marketing territoriale, il folk-revival ha preso una brutta piega ed è vero quello che dici: tra qualche anno la pizzica sarà detestata da tutti, anche perché come ogni moda, anche quella del Salento passerà, ma quando passerà saremo tutti noi a pagarne le conseguenze. Sono anni che lo dico e prima di me lo diceva altra gente che non è mai stata ascoltata…
Il marketing territoriale ha banalizzato una cultura, ha mercificato un territorio e ha trattato alcuni simboli storico-identitari (la taranta, il tamburello, l’ulivo, ecc.) come merce vendibile. La stanno vendendo, è vero, ma presto smetteranno di farlo e butteranno tutto nell’immondizia, peccato che nell’immondizia ci finiranno pezzi di una cultura che non è solo di chi l’ha venduta (anzi, non lo è affatto, visto che in giro vedo gente che finora non sapeva nemmeno chi fosse Alan Lomax o Ernesto De Martino…).
Per inciso…con settembre non spariscono i tamburelli…ci sono una miriade di eventi privati o pubblici in cui gli appassionati si ritrovano per suonare, solo per il gusto di farlo (e non per ‘nzurtare qualche turista), e perché nella dimensione dello stare insieme ci entra sempre qualche stornello, un tamburello e una ballata…


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