Va detto, ad onor del vero, che pure il Rohlfs condusse la sua ricerca sul campo e, pensando alla sua terra d’origine, al fatto che chi parla il dialetto quasi vergognandosene (allora, perché oggi si parla comunemente un italiano che esteticamente e grammaticalmente fa schifo…) tende ad italianizzarne i vocaboli, nonché all’attendibilità (in buona o in cattiva fede…) dei suoi informatori e delle fonti consultate, la sua opera ha del miracoloso. E si tratta di un miracolo (non mi stanco mai di ripeterlo) del quale non è stato capace un salentino e tanto meno un lombardo…Per motivi, poi, di spazio, egli non poteva spiegare tutti i passaggi fonetici che sottendono le varianti. In fondo, quasi tutti i miei interventi etimologici sono ispirati proprio da questo intento divulgativo, dalla volontà di attenuare, cioè, la distanza che ancora, nonostante tutto, permane tra la conoscenza settoriale e la sua fruizione da parte del lettore non particolarmente o per nulla preparato in quel campo. Insomma, uno spirito di servizio che spesso nei lavori, per così dire, originali, finisce per slittare in passaggi che a qualcuno potranno sembrare anche banali.
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