Grazie Pier Paolo, per queste due puntate sulla questione pizzica. E’ un vero trattato da leggere e stampare. Conosco Vincenzo Santoro (che vedrò dopodomani per la presentazione dell’ultimo libro che ha curato) e anche Eugenio Imbriani. Sinceramente, quando la pizzica tarantata anni fa è diventata un fenomeno di massa, la cosa mi ha puzzato di bruciato. E’ come se fossi stato espropriato di una musica che era tutta mia, del mio paese. Così, qui a Roma, quando m’è capitato di imbattermi in dei ragazzi romani usciti da una scuola di pizzica, è stato proprio un pianto: tutti ballavano allo stesso modo quasi fossero marionette, senza un trasporto, senza… sangu intra lle vene, per capirci. Insomma, anche la pizzica finita nel tritacarne del consumo. Come defraudato di un mistero che mi rendeva una persona speciale, per dire. Hai ragione nel dire poi che la nostra gente è avvezza a ballare più valzer, polke e mazurche piuttosto che pizziche. E’ un ricordo che ho da bambino quando si ballava con i dischi a 78 giri. Ma l’argent… l’argent qui fait la guerre!
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