Qualche anno fa anche me medesimo fece una ricerca sul fenomeno. Non è che non mi fido ma mi piace verificare. Non starò qui a cincischiare sui vari tipi di pizzica ormai approfonditi da numerosissimi saggi ma solo a citare una cosa che ebbi il piacere di trovare:
“Ché, come si dice che in Puglia circa gli atarantati, s’adoprano molti instrumenti di musica e con varii suoni si va investigando, fin che quello umore che fa la infirmità, per una certa convenienzia ch’egli ha con alcuno di que’ suoni, sentendolo, sùbito si move e tanto agita lo infermo, che per quella agitazion si riduce a sanità, così noi, quando abbiamo sentito qualche nascosta virtù di pazzia, tanto sottilmente e con tante varie persuasioni l’abbiamo stimulata e con sì diversi modi, che pur al fine inteso abbiamo dove tendeva; poi, conosciuto lo umore, così ben l’abbiam agitato, che sempre s’è ridutto a perfezion di publica pazzia; e chi è riuscito pazzo in versi, chi in musica, chi in amore, chi in danzare, chi in far moresche, chi in cavalcare, chi in giocar di spada, ciascun secondo la minera del suo metallo; onde poi, come sapete, si sono avuti maravigliosi piaceri.”
Libro del Cortegiano di Baldasar Castiglione – tomo 1 – cap. 8
Se ne discuteva alla corte di Guidubaldo da Montefeltro agli inizi del 1500 e Castiglione era un vescovo …
Ora se popolare voglia significare diffuso nella massa non possiamo che inneggiare ai McDonald o a Pupo, finanche ai pupazzi dei rotocalchi.
Il punto è, io credo, che la pizzica è stata una gigantesca opera di recupero trasmigrata anche in successo commerciale e, pur avendomi sostanzialmente stufato gli zebedei, son felice che la pizzica faccia smuovere le gambe a tutti coloro che mangiano hamburger e hanno la cultura delle papere nello stagno di Mariano Arena.
↧
Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pino De Luca
↧