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Commenti su Lettera a tutti gli “Spigolatori Salentini” riguardo le trivellazioni nei mari del Salento di Teresa Maria Rauzino

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Osservazioni contro le Concessioni D71 BR-EL e D149 BR-EL Northern Petroleum inviate dal Centro Studi Martella di Peschici al Ministero dell’Ambiente e Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Centro Studi Martella
c/o Hotel d’Amato
Località Arenazzo
71010 Peschici (FG)

Ministero dell’Ambiente
Direzione per la Salvaguardia Ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – Divisione III
Attenzione: Concessione d71 FR-NP e d149 DR-NP Northern Petroleum
Via Cristoforo Colombo, 44
00147 – Roma

e p.c. : Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Direzione Generale per la Qualità e la Tutela del Paesaggio e l’Arte Contemporanea
Via San Michele, 22
00153 – Roma

Oggetto : Osservazioni contro le Concessioni D71 BR-EL e D149 BR-EL Northern Petroleum

Con la presente comunicazione, il Centro Studi “Giuseppe Martella di Peschici”, parte integrante della Rete nazionale contro le trivellazioni nel mare Adriatico e nel mar Ionio, intende esprimere un deciso NO all’attività di ricerca e sfruttamento di idrocarburi lungo le coste del basso Adriatico da parte della ditta britannica Northern Petroleum, secondo le concessioni d71 FR-NP e d149 DR-NP, rese note sul sito del Ministero dell’Ambiente.
I progetti in esame riguardano le ispezioni sismiche con l’invasiva tecnica air gun a soli 25 chilometri da riva e la possibile installazione di pozzi per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi.

La Northern Petroleum afferma di voler inizialmente eseguire ispezioni sismiche per 50 giorni lungo un tracciato di ben 4300 chilometri, attività propedeutica alla trivellazione di pozzi esplorativi. In caso di successo è presumibile che seguiranno installazioni di piattaforme petrolifere che potrebbero restare attive per decenni nei mari pugliesi.
Senz’altro non è una strada che ci porterebbe all’indipendenza dal petrolio straniero, né darà proventi economici significativi all’Italia poiché ci spetterà una percentuale molto bassa dell’introito economico che la Northern Petroleum potrebbe realizzare dalla coltivazione degli eventuali pozzi petroliferi.
Fra l’altro, la qualità del petrolio italiano, come documentato da vari studi scientifici, è pessima. Anzitutto è difficile da estrarre, a causa della profondità, è “amaro” perché la presenza dei gas sulfurei lo rende altamente corrosivo, e pesante perché la struttura molecolare degli idrocarburi è troppo lunga per poter ottenerne benzina. L’hydrogen sulfide (H2S), inoltre, è considerato un veleno ad ampio spettro poiché può danneggiare diversi apparati anatomici (impedisce all’ossigeno di arrivare alle cellule). E’ un gas facilmente infiammabile e la tossicità è addirittura paragonabile al cianuro. Siccome il petrolio è difficile da estrarre, si ricorre all’eliminazione in loco dello scarto sulfureo mediante un processo di desolforazione e i residui incendiati vengono rilasciati nell’atmosfera. Basti pensare che una sola piattaforma petrolifera rilascia nel mare circa 90mila tonnellate di inquinamento: un risultato davvero inquietante.

Occorre quindi porsi in un ottica globale e valutare la totalità del progetto in esame e le sue conseguenze future, a lungo termine. Da questo punto di vista, il documento di VIA sottomesso dalla Northern Petroleum è da considerarsi incompleto ed estremamente fuorviante. E’ infatti singolare che nella VIA vi sia una lunga discussione sulla presunta necessità in Italia di estrarre petrolio dal territorio e dai mari nazionali, ma che invece non si faccia menzione alcuna dei possibili impatti ambientali, in termini di subsidenza, scoppi di pozzi, rilasci a mare di sostanze tossiche come fanghi e fluidi perforanti o acque di risulta che possono diffondere per decine di chilometri dai punti di emissione. Questo né in generale, né nel particolare della realtà pugliese interessata dalle concessioni d149 FR-NP e d71 DR-NP.

Gli strumenti utilizzati per trivellare nel mare è, com’è noto l’air-gun, ossia violenti spari d’aria compressa per individuare i giacimenti sotterranei. L’air gun è una tecnica invasiva che danneggia flora e fauna marine, come documentato più e più volte nella letteratura mondiale, e che può causare perdita dell’udito e del senso dell’orientamento nei cetacei o lesioni a volte mortali. Tra le numerose specie messe a rischio ci sono anche capodogli e delfini, periodicamente avvistati lungo le coste pugliesi, abruzzesi e molisane, e specie minori e bentonitiche, fondamentali per garantire un buon pescato.
La Northern Petroleum minimizza gli effetti negativi dell’air gun, mentre diversi articoli scientifici mostrano il contrario. Uno degli studi più recenti dal titolo “Sometimes Sperm Whales (Physeter macrocephalus) Cannot Find Their Way Back to the High Seas: A Multidisciplinary Study on a Mass Stranding”, condotto da una equipe internazionale esperta sui comportamenti delle specie marine, pubblicato nel Maggio 2011 su Plos-One, afferma che fra le cause possibili dello spiaggiamento dei sette capodogli avvenuto nel dicembre 2009 nel mare di Puglia (precisamente a Foce Varano-Capojale (FG), non sono da escludersi le ispezioni sismiche marine.

Nella VIA non sono neppure menzionati i possibili impatti all’economia costiera delle comunità interessate che, allo stato attuale, è totalmente incompatibile con lo sfruttamento di idrocarburi. Il turismo di Otranto, Lecce e Monopoli è assolutamente INCONCILIABILE con possibili piattaforme, oleodotti, transito petroliere, scoppi accidentali o sversamenti a mare… Il territorio è a forte vocazione turistica, quindi scegliere il contrario significherebbe trasformare un patrimonio di importanza inestimabile in un distretto industriale. Insomma, un vero e proprio vilipendio al turismo. Per noi la risposta, nonché la scelta più giusta, è scontata: turismo.
La zona proposta dalla Northern Petroleum per eseguire sondaggi sismici e successivamente – se lo riterrà opportuno – per trivellare il fondale marino, è di alto valore naturalistico, turistico-recettivo ed ha nella qualità del pescato il suo fiore all’occhiello.
L’area scelta dalla Northern Petroleum è, come il Ministero dell’Ambiente ben sa, nelle strette vicinanze di ben nove siti di interesse comunitario, la Rete Natura 2000, ritenuta a ragione il principale strumento per la protezione della biodiversità in Europa, e di varie zone di ripopolamento ittico, strumentali per la crescita dell’industria della pesca in Puglia. Per alcuni siti di interesse comunitario la Northern Petroleum afferma che date le loro distanze dalle concessioni d71 FR-NP e d149 DR-NP – che variano fra i 10 e i 30 chilometri – e dato il carattere temporaneo delle operazioni air gun, gli impatti ambientali saranno nulli.

Queste affermazioni sono da considerarsi inaccettabili, considerato che – come abbiamo già detto – lo scopo finale della Northern Petroleum è estrarre petrolio per i prossimi decenni e non solo eseguire ispezioni sismiche per 50 giorni, e visto che la protezione di aree naturalistiche di pregio o di ripopolamento ittico dovrebbe essere di primaria importanza, per la loro grande valenza ambientale ed economica. In altri paesi come in Norvegia o lungo le coste pacifiche ed atlantiche degli USA, le zone in cui è vietato trivellare, eseguire sondaggi sismici e in generale operazioni petrolifere è dell’ordine delle centinaia di chilometri da riva, e non dieci, per garantire l’assoluta integrità del mare e delle attività esistenti.

Più in generale, la petrolizzazione dell’Adriatico meridionale, in cui rientra il progetto Northern Petroleum, è in totale contrasto con l’attuale assetto delle nostre coste e stravolgerebbe l’industria del turismo, basata su un’immagine di territorio sano e sostenibile. Le attività proposte dalla Northern Petroleum non porteranno nulla di buono alla Puglia. Essendo inglese, la ditta proponente è libera di vendere derivati petroliferi su mercati internazionali e non necessariamente a commercializzarli in Italia.
Nella migliore delle ipotesi, la Northern Petroleum potrebbe produrre solo una piccola percentuale del fabbisogno nazionale di petrolio, con pochi vantaggi per la collettività italiana, che continuerà ad importare idrocarburi dall’estero. Basti pensare che il 94% del greggio utilizzato oggi in Italia è importato, nonostante la nostra nazione ospiti il maggior giacimento di petrolio d’Europa, precisamente in Basilicata. La storia di quella regione insegna che le trivellazioni, in terra o in mare, non portano benessere alle comunità locali, ma solo inquinamento e peggioramento della qualità della vita. In Basilicata estraggono petrolio da circa quindici anni, eppure il costo della benzina anziché diminuire, aumenta. I danni si ripercuotono anche su piante, vegetali e vigneti, che non riescono più a produrre vini di buona qualità, quindi si ha un’agricoltura “al petrolio”. Il dato inquietante e che ci preoccupa è davvero che la regione lucana ha raggiunto un tasso molto elevato di malattie tumorali, soprattutto nei bambini.
Ma non finisce qui, poiché bisogna considerare gli eventuali incidenti petroliferi accaduti negli ultimi anni, Ad esempio, quello del Golfo del Messico 2010, il più grande disastro della storia ambientale negli Usa.

La petrolizzazione dell’Adriatico meridionale, del mar Ionio da parte della Northern Petroleum

Data la posizione geografica e la bellezza dell’Italia, una nazione più lungimirante della nostra incentiverebbe con più convinzione la produzione di energia sostenibile, investimento di gran lunga più saggio e economicamente conveniente delle estrazioni di petrolio.

La presente lettera è da intendersi ai sensi dell’articolo 6, comma 9 della legge 8 luglio 1986 n.349, che consente a ogni cittadino italiano di presentare in forma scritta le proprie osservazioni sui progetti sottoposti a Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) e ai sensi del trattato di Aarhus. Quest’ultimo, recepito anche dall’Italia, afferma che le popolazioni hanno il diritto di esprimere la propria opinione su proposte ad alto impatto ambientale e che l’opinione dei cittadini deve essere vincolante.

Esortiamo dunque i Ministeri a bocciare i progetti Northern Petroleum e tutti gli altri a venire, in rispetto dell’Adriatico, della volontà popolare e della legislazione vigente.

Peschici 27 luglio 2011

Il Presidente del Centro Studi Giuseppe Martella di Peschici

Teresa Maria Rauzino


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