Quest’articolo tocca il mio cuore…
C’era tanto orgoglio nei racconti di mio nonno quando mi spiegava cosa era e a cosa serviva quel trapano a mano appeso ad un vecchio muro… discendere da una famiglia di “cotamari” a Cutrofiano, diceva mio nonno, significa che “l’arte te lu tata è menza ‘mparata”. Quell’aggeggio che suscitava la mia curiosità diventava magico quando con mani maestre lo faceva ruotare tanto velocemente che la punta in metallo posata sulla “capasa”, che io giocando avevo rotto, penetrava dentro la “crasta” facendo dei buchetti perfetti all’interno dei quali passava poi il fil di ferro… magicamente la “capasa” si ricomponeva, poi dopo una consulenza con lo zio ancora in attività veniva completato il restauro… mio nonno (scomparso venti anni fa) decise di abbandonare il mestiere di “cotamaro”, scelse di fare il contadino… mi raccontava che prima nulla “cia menatu”, si riciclava tutto, si aggiustava tutto… perché tutto aveva un valore, non solo affettivo, ma anche economico, diceva che bisognava saper fare tutto, che non sempre è possibile “pagare lu conza limmi” e che bisogna saper aggiustare da soli le cose…
oggi mia figlia non comprende bene quando gli racconto di quei momenti, mi guarda con quasi indifferenza, mi dice “forza papà… quando finisci col computer!”…
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Commenti su Mestieri che furono: “U conza limmi! U ‘ggiusta còfini!”… e non solo di giuseppe cesari
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