Anticamente nel Salento, ed a Nardò in particolare, il letame non era usato solo come fertilizzante agricolo ma, in particolare lo sterco equino, si prestava benissimo come un perfetto collante e cementificante.
Lo sterco equino fresco (prima che iniziasse il processo di fermentazione) veniva impastato con acqua, calce viva e tufo; quell’impasto, una volta essiccato, diventava durissimo e impermeabile, molto efficace per cementificare qualsiasi lavoro edilizio. Veniva usato per l’impasto della malta, per collegare i conci di tufo, per riempire i fori sui muri dove venivano inseriti i grossi chiodi (cintruni) che dovevano ben reggere e sopportatre le assi delle porte (li stàntuli) ed altri usi cementificanti.
In enologia, quando il fasciame delle botti vuote si restringeva e il mosto che veniva immesso colava dalle unioni, i nostrI saggi nonni prendevano dello sterco fresco, lo impastavano con della polvere di calce o di gesso; quell’impasto veniva spalmato tra le fessure, che ripiene di quell’impasto venivano provvisoriamente tamponate con delle sottili lamiere di zinco attaccate alla botte con dei chiodini (siminzelle). Dopo qualche giorno, quando l’impasto sigillante si era indurito, si levavano le lamierine e il fasciame delle botti tornava ad essere ben assemblato senza perdita alcuna. Quel sigillante resisteva e durava in eterno
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