Poco si può aggiungere a questa stupefacente presentazione critica che Paolo fa di un poema di Maurizio Nocera, ‘Compianto’. Ci proverò.
Non so se Vincenti abbia mai giocato a carte, ma tuffandosi tra le trame di queste sue parole si ha la netta sensazione che quello abbia tra le mani più di un asso fortunato. Lo si evince dall’impostazione raffinatamente letteraria del testo, dal colto intreccio di confronto e conoscenza di autori e opere, dai lampi riflessivi personali e filosofici. Il vulcano Vincenti posa il suo vorticoso magma stilistico e si addomestica all’armonioso flusso dello scrivere per spiegare, per far capire, per fare amare scritti preziosi firmati dal sangue di altri. Questa volta si tratta di Maurizio Nocera, uno scrittore e un poeta di notevole spessore, a quanto apprendo dall’appassionata presentazione che se ne fa in questi righi. Nocera lascia libera la sua penna all’inseguimento di uno dei sentimenti più cari e temuti dall’uomo, il dolore, e quale dolore è più elegiaco di quello provato dinanzi alla morte di una persona amata? Prima tra tutte, la madre.
Paolo sembra a questo punto raggrupparci tutti in uno sconfinato anfratto, tanto angusto per l’elaborazione del lutto quanto capace nell’accogliere l’umanità che ci livella e ci unisce. C’è anche lui. Il dolore è materia grezza alla imprevista sua consegna, ma come ci dimostra Nocera, è suscettibile di metamorfosi col passare del tempo e degli stati d’animo, della consapevolezza e del dilagare del vuoto. Lo si veste di mille parole diverse per dargli un aspetto più accettabile, una nobiltà assoluta, un cordone ombelicale con la nostra anima a sfidare il breve eterno della nostra esistenza. E se da una parte l’uomo fornisce la sofferenza di un ricco guardaroba, dall’altra sveste se stesso di ogni contegno e apparenza per mostrare il nudo delle sue emozioni, tempio e abisso di sempre.
Delicata impronta di donna, fervida culla di vita, raggio di luce che segna il cammino di conquista, la madre rimane nel dna di ognuno di noi fino all’ultima goccia di sangue, fino all’ultimo singulto e respiro.
Ed ecco che sopraggiunge la Vergine Santissima in aiuto di questo sconforto siderale e lo fa nella sua forma più potente, quella della Madonna Addolorata, perchè è proprio la sofferenza sacra della Madre dell’Umanità e del Cristo Divino l’unica capace di compensare la voragine affettiva della perdita di una madre semplice, quella che nel cuore di un figlio dismette il suo umile travestimento di carne ed ossa per trasfigurarsi in essenza immortale, amore eterno…
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