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Channel: Commenti per Spigolature Salentine
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Commenti su Leccesi, c’era una volta / Mio padre Giovannino. 5a parte. di raffaellaverdesca

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Il monologo che crea pathos nel celebre ‘Essere o non essere’ dell’ “Amleto” di Shakespeare, una volta tanto si mette in fila dietro a quello colorito di “Sirama lu Giuvanninu” di Alfredo Romano.
Dove sta scritto che un monologo teatrale debba sempre e solo fare addormentare o, bene che vada, far consumare scorte di fazzolettini al pubblico ‘flemente e piangente’?
Suvvia, anche noi spettatori in ghingheri sugli spalti abbiamo il diritto di divertirci, soprattutto se di fronte a noi si apre un ventaglio di salentinità folcloristico e divertente come questo!
Giuvanninu è un vero e proprio personaggio da palcoscenico e niente ha da invidiare alla introspezione psicologica e all’identità artistica dei protagonisti della più svariata gamma della Commedia.
Quest’uomo ha in più dalla sua il fatto di essere veramente esistito e l’autore ha in più dalla sua il fatto di aver saputo cogliere il lato più comico e formidabile del carattere del genitore.
Pur non impersonando Giuvanninu un’unica tipologia di salentino (c’erano infatti anche i sempliciotti, i bonaccioni, li ‘ciucci ti fatìa’ silenziosi, i musoni, i musoni-bestemmiatori e i bestemmiatori anonimi), rimane pur sempre la più indovinata umanizzazione della ‘Fiera dell’Imprecazione in gergo’ più simpatica e tenera che abbia mai sentito.
Quanto ingenuo timore religioso, in fondo, si nasconde dietro la storpiatura della bestemmia al fine di renderla inefficace!
Più che al cospetto di un turpiloquio lo spettatore ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un meraviglioso intreccio di vivaci intercalari, filosofie esistenziali, motti rivoluzionari e tanta, tanta comicità!
Ce n’è per tutti: lo scaffale dei soprannomi divertenti e dissacranti affibiati ai figli, pratica popolare indiscriminata puntata su chiunque, e le bancarelle delle invocazioni autoritarie e supplichevoli rivolte alla moglie con annessa colpa per i difetti e le mancanze dei figli(un classico di ogni cultura e di ogni tempo). In pieno tumulto di battute, lu Giuvanninu lascia perfino intravedere la sua sapienza, o forse solo reminescenza, sui nomi e sulla vita dei Santi(penso a S. Giuseppe Patriarca con il bastone fiorito!) facendone una discreta lista solo apparentemente per maledirli, ma sostanzialmente per tirarli in causa come testimoni della sua sfortuna, quella di avere figli dormiglioni e inetti, di essere battuto dalla concorrenza del fratello e degli altri compaesani nella raccolta mattutina del tabacco, quella di non poter accumulare fortune a causa della pigrizia filiare e della complicità muliebre.
Povero Giuvanninu, quanta energia sottratta ai campi e sprecata per assestare ben bene anatemi e semiserie maledizioni( e il Cielo con i suoi fulmini può comprovarlo!) ai danni di quei poltroni dei figli!
Misero destino di un pover’uomo lavoratore, di un padre sfortunato e di un marito turlupinato!
Meno male che a compensare e a valorizzare il tutto ci siamo noi, fortunatissimo pubblico di un vivace talento teatrale di autore e personaggio!


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