Vincenzo ha studiato a lungo se stesso e l’anima di chi ha scritto per l’anima e di chi per quella ha pagato. Il suo non è un resoconto professionale, ma una splendida pagina di introspezione poetica.
Indaga, Vincenzo, scava nei suoi ricordi, nel tempo tra il tramonto e il crepuscolo lascia tuffare la sua mente gentile nella prepotenza abissale della mancanza. In ogni uomo si aprono buchi a testimonianza di posti lasciati vuoti da sentimenti e da sogni traditi.
A volte i buchi si trasformano in voragini.
Chi parla in questi righi ne è stato risucchiato senza pietà nel conflitto col padre e dico direttamente ‘conflitto’ senza iniziare dall’origine naturale definita ‘rapporto’ proprio perchè il dramma interiore del protagonista ci impone da subito la brutalità di questo pauroso precipizio.
Il narratore s’inerpica su una collina per l’incontro spirituale col proprio maestro-analista, o meglio, con la consolazione che il silenzio della sua tomba potrà dare al suo dolore ancora sanguinante.
Il protagonista e l’amato e defunto si fondono in un unico cuore palpitante angoscia e ribellione contro il deserto di risposte intorno alla figura del padre. Sebbene questo genitore in entrambe le storie abbia avuto in vita mestieri diversi, l’uno libertino e marinaio, l’altro medico potente e tiranno d’infanzia, sembra che la loro paternità oscura si sia mescolata accomunando anche i destini del narrante e del narrato.
Le qualità umane di questi padri si rincorrono tra aggettivi come ‘assente, cultore della legge del più forte, avaro di regali e di carezze, demonio da esorcizzare…’, insomma padri troppo egoisti per percorrerere la strada dei figli o per incontrarli, se pure a metà cammino, senza travolgerli con la violenza dei propri detriti.
L’analista è condannato a guardare in eterno, dalla sua foto sulla lapide, la sepoltura del padre, quasi in un infinito chiedere ciò che infinitamente aveva cercato in vita senza risposte, simbolo dell’angosciante ricerca di un uomo della verità, croce e delizia delle menti.
‘La richiesta eterna di affetto’ è l’ombra che incalza sia il ricordo del maestro che la realtà del suo alunno devoto, quello stesso che vuole cacciare fuori il male continuando a parlarne con chi un tempo gli aveva prestato attenzione, con chi aveva vissuto lo stesso suo dramma, con chi ora, dal limbo sconfinato del mondo delle anime, vola oltre i tempi della psicanalisi e apre anche a lui il sipario sull’infinito ascolto, sull’infinito amore, sull’infinito comprendere.
E il narrante sale, è un’ascesa sofferta costellata di ‘cautela di passi’ e ‘ricerca di tracce di precedenti ascese’ perchè quell’eremo parlante nel silenzio di una sepoltura altro non è che il cammino della catarsi, la purificazione precaria ma urgente di un animo tormentato dalla voragine del non amore.
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