Quanti strani mestieri nella vita di un uomo! Magari uno nasce e dopo pochi anni, se è così sfortunato da dover dividere spazi e tempo con un fratellino, gli tocca pure badargli! In questa storia si sente chiara la presenza di una famiglia semplice che divide i compiti tra i suoi componenti. Probabilmente una delle sue fonti di sostentamento è l’allevamento dei tacchini e tocca ai piccoli far loro da guardiani. Chissà, magari sarebbe stato meglio un fratellino!
Fatto sta che il bimbetto protagonista, grazie al prodigio di una penna che fa sempre centro, quella di Wilma Vedruccio, parola dopo parola, ci trasforma tutti in piccoli guardiani di tacchini: Ci impossessiamo infatti delle sue ansie, delle sue sensazioni, di quella visione del mondo spensierata e semplice che solo un bambino può possedere. E’ risaputo che gli animali corrono laddove c’è cibo ed è altrettanto risaputo che l’idea d’imbattersi in una punizione per non aver stroncato sul nascere questa insubordinazione rende più vigile e fragile chi ne è stato messo a controllo. Quando si dice ‘Il peso del Potere’. Non vi nascondo che qualche calcio all’indirizzo degli sgraziati e simpatici pennuti mi è virtualmente sfuggito in corso di lettura. Ma Wilma scoraggia da ogni avversione e ci insegna come l’intelletto possa dominare la paura attraverso l’osservazione, lo studio e la conoscenza dell’amico-nemico fino a darci il quadro di tutti, o quasi, i suoi imprevisti e stravaganti comportamenti. Così, fra gli sfarzosi paesaggi campestri diurni e notturni, il protagonista e i suoi fratelli acquistano sempre più sicurezza, imparano come fare a tenere a bada i tacchini e i propri timori tornando indietro a recuperare qualche certezza persa o correndo avanti a tirar sassi a quelle desiderose di fuggire.
Siamo un po’ tutti guardiani di noi stessi, un po’ tutti guide ed esempi per gli altri.
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