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Commenti su Lecce. Il sabato delle Palme e la chiesa di San Lazzaro di Redazione

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riporto da http://www.sancarloborromeo.org/San_Lazzaro.htm

“Il nome Lazzaro ha all’origine l’ebraico Eleazaro e significa “colui che è assistito da Dio”. Il Lazzaro di cui parliamo è il personaggio della parabola, raccontata da Gesù, del ricco epulone e del povero mendicante lebbroso.
Questa parabola riportata solo nel Vangelo di san Luca (16, 19-31) è l’unica in cui un personaggio di fantasia abbia un nome: Lazzaro; ma come è avvenuto per vari personaggi minori, che compaiono nei racconti evangelici e che in seguito nella tradizione cristiana, hanno ricevuto un culto, un ricordo perenne, un titolo di santo, anche per Lazzaro pur essendo un personaggio protagonista di un racconto di fantasia, da non confondere con Lazzaro di Betania che fu resuscitato da Gesù, nel corso del tempo si è instaurata una devozione, come se fosse stato un personaggio realmente esistito.

Per questo Lazzaro venne considerato come un santo, anche se la sua figura era in realtà fantasiosa ma simbolica; il moderno ‘Martirologio Romano’ non ne fa più menzione.
Egli è stato considerato il patrono dei lebbrosi, quando la lebbra era una malattia molto più diffusa di oggi in tante parti del mondo; dal suo nome scaturì la denominazione del ‘lazzaretto’, sorta di ricovero e cura per i lebbrosi o malati infettivi da tenere in isolamento, infatti il primo di questi ‘lazzaretti’ sorse a Venezia nell’isola di S. Lazzaro.
Il nome è oggi poco usato e comunque chi lo porta, si riferisce certamente ad altro s. Lazzaro; in Spagna poi ha finito per assumere un significato peggiorativo come: ‘pezzente’, da cui derivò a Napoli il termine ‘lazzarone’ introdotto al tempo dell’occupazione spagnola e di Masaniello, sempre indicante uno straccione, popolano, mascalzone, pezzente”.

Trascrivo per riflettere come anche presso il nostro popolo, che tanto ha ereditato dagli spagnoli, il nome viene utilizzato anche come aggettivo per indicare lo condizione dispregiativa. Un esempio? “lu ciucciu làzzaru” che talvolta viene anche cambiato in “ciucciu ti Làzzaru” per indicare l’animale escoriato, sudicio, con pelo arruffato. Le mamme così chiamavano i piccoli pieni di ecchimosi, contusioni ed escoriazioni.

Ma voglio poi ricordare una sentenza che mio nonno mi riferiva di tanto in tanto, senza neppure sapere perchè lo facesse: “làzzara e mindìca la fisolofia” (stracciona e povera la filosofia). E qui sarà l’amico Pier Paolo a darcene spiegazione e capire perchè l’affascinante materia fosse invisa al nostro popolo…


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