Col caffè fumante ancora tra le mani, mi sono imbattuto nel racconto di Giulietta Livraghi stamattina. Di colpo sono stato catapultato nella mia infanzia, forse la mia è stata l’ultima generazione che ha conosciuto quella civiltà contadina che racconta sapientemente e con ritmo di tanta poesia Giulietta nel brano di oggi su Spigolature Salentine. Avevo vent’anni e tutto resisteva ancora come prima e la mia infanzia non è stata poi tanto dissimile da quella di mio padre. E quando mi fidanzai con la più bella ragazza del paese, non mi era neanche permesso di stare sola con lei e, se qualche domenica si usciva a fare su e giù per la strada principale, avevo dietro un codazzo di parenti che vigilavano sulla benedetta “virtù” da preservare. Ero insofferente allora, adesso, però, il ricordo si fa di tanta tenerezza e non mi dispiace che il mio amore sia stato solo intensità degli sguardi e strette e baci rubati e parole sussurrate a un palmo dai suoi occhi grandi e luminosi come perle dei sultani d’Arabia. Poi tutto andò a rotoli: era destino si diceva. Non la vedo da allora eppure, al ricordo, resiste un languore e un desiderio che non baratterei con gli amori di largo consumo, per così dire, che oggi finiscono come nel carrello di un supermercato.
Un grazie postumo a Giulietta Livraghi che si meriterebbe un monumento, tale la sua grandezza e non solo nel panorama salentino. Un grazie anche all’amico Nino Pensabene che di tanto in tanto ci dispensa perle immemori della sua amata consorte che fu.
↧
Commenti su La campagna salentina verso la fine di giugno… di Alfredo Romano
↧