Ad onor del vero gghiè/gghiète, come mi sembrava di aver detto chiaramente, non sono le forme proposte da me ma dal Rohlfs e adottate anche nella lingua scritta (beninteso, ciò non costituisce, soprattutto in questo campo, una sorta di vangelo…), com’è detto in nota 1. Quanto alla j eufonica, pur essendo tutto possibile, io adotterei prudenza: sarebbe interessante sapere in via preliminare, secondo me, qual è la forma usata a Maruggio in assenza di cce (quest’ultimo io lo scriverei senza accento, anche ipotizzando la sua derivazione da hocce e non, come l’italiano che, da quid) e da lì continuare il discorso. Anche perché, solo per fare due esempi, il Rohlfs attesta (isolato) per “egli è” a Salve jè e a Palagiano jé; anche qui sarebbe interessante capire se j- corrisponde ad “egli” oppure è un’aggiunta eufonica (basterebbe che qualche gentile lettore di queste due località gentilmente ci comunicasse come si dice dalle sue parti “che è”).
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