Rispondo cumulativamente ad Angelo e Marcello.
Per la precisione: “scire belli belli” (chi è tranquillo e calmo non ha i lineamenti contratti; certo, se è brutto in partenza…) e “scire leggi leggi” (l’idea del leggero si collega qui a quella dello sforzo ridotto) sono sinonimi di “scire chianu chianu”; “scire fusci fuscennu” (“scire fuci fucendu” in neretino) significa esattamente il contrario ma presenta analogia di formazione col nesso da cui siamo partiti, anche se questa volta la voce reiterata è un verbo, usato qui in due modi diversi (indicativo e gerundio); un’ulteriore variante di quest’ultimo fenomeno, infine, con la reiterazione della stessa forma verbale si ha (anzi si aveva…) in “carru fuci fuci”, per il quale si rinvia , chiedendo scusa per la autoreferenzialità, al post “Dai funerali di paese a Totò” del 24 giugno 2010.
Quanto a “picca picca”, attendo pure io notizie sull’eventuale diffusione in altre zone. Senz’altro è sinonimo di “poco” ma non credo che ne sia deformazione. A tal proposito debbo dire che Il Rohlfs se ne lava le mani perché per il modo in cui tratta il lemma si direbbe che per lui, anche se non lo dice espressamente, “picca” derivi proprio da “poco”; come si spiega, però, il vocalismo -o->-i-? Io ho un’altra idea e, per essere breve, dirò che “picca” per me è della stessa famiglia di “piccolo”, “piccino” e “picca”, quest’ultimo nel duplice significato di arma appuntita e in quello metaforico di risentimento (più frequente, in questo secondo significato, l’uso di “ripicca”). La conferma della comunanza semantica di “punta” e “poco” è nell’espressione “una punta di sale”.
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