Mi ero ripromesso, fin da principio, di non dire la mia per non fungere, paradossalmente, da cassa di risonanza (a questo siamo arrivati!) non tanto allo sdegno di coloro che hanno ancora un minimo non dico di cultura, ma almeno di sensibilità oltre che di buon senso, quanto, piuttosto, allo spirito di emulazione che nell’ignoranza, mista ad idiozia, ormai dilagante rappresenta, ormai, per giovani e non, l’unico sfogo per una vita senza senso. Poi ho approfittato della recente risposta dello spigolatore Fabio che opportunamente riesumava una questione etimologica affrontata nel post, piuttosto datato “E oggi disquisiamo di aghi”, per esprimere sull’atto vandalico la mia opinione senza dare soddisfazione a quel bisogno disperato di visibilità e di esibizionismo che c’è sempre dietro a simili atti, bisogno (non è necessario essere psicologo, o meglio psichiatra, almeno nella fattispecie, per capirlo) figlio di un retroterra complesso e non sempre facilmente individuabile. Tuttavia, la lettura del post dello spigolautore Gianni mi lascia perplesso, per non dire allibito. Pur condividendo totalmente le sue asserzioni sulla latitanza di famiglia, scuola, società e, amarum in fundum, politica (latitanza plurima ormai sfruttata come valido alibi che dà vita ad un perverso gioco dello scaricabarile con risultati che sono sotto gli occhi di tutti), pur apprezzando l’ironia che a tratti sembra sottenderlo, nel complesso lo scritto mi sembra pericolosissimo perché interpretabile da chi non è attrezzato (e non mi riferisco solo ai giovani…) come una sorta di scappellotto amichevole, di un amichevole rimbrotto. Come non dargli torto, poi, quando leggo “immaginiamo che il rosa duri lo spazio di 200 anni, diventerebbe parte integrante della chiesa stessa e gli studiosi del 2210 si scannerebbero sull’opportunità di riportare il bene allo stato primitivo o se conservarne i mutamenti come testimonianza…”? Verissimo, ma a tal proposito mi vengono in mente i graffiti moderni (tipo “Mario ama Lola”) sovrapposti agli affreschi pompeiani (fino ad ora non ne ho offerto la documentazione non tanto perché non fossi tanto abile da trovarne il pretesto, ma per vergogna). Mi chiedo: fra 200 anni, con l’aria che tira, ci saranno studiosi in grado di distinguere gli uni dagli altri e, nel nostro caso, ammesso che non si corra ai ripari, gente in grado di leggere e interpretare le cronache del tempo (ammesso che a questi geni venga in mente, in via preliminare, di consultarle)? E poi, in chiusura, un desolante dettaglio: in una delle foto pubblicate dall’amico Marcello fa ancora bella mostra di sé una tanichetta abbandonata che probabilmente nel momento in cui scrivo attende solo un ulteriore “inquinamento delle (presumibili) prove”…
C’è chi ha detto (e condivido pienamente) che chi maltratta (o, peggio, tortura) un animale prima o poi lo farà con un suo simile; parafraso dicendo che chi stupra una testimonianza del passato (che a modo suo è vita) prima o poi lo farà con un essere umano.
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