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Channel: Commenti per Spigolature Salentine
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Commenti su Saveria e le sue trecce alla “scaunizzu” di nino pensabene

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Al di là della certezza matematica di essere vissuti un determinato numero di anni, il diventare anziani consente, fra l’altro, la soddisfazione di dire le cose con più franchezza, come chi non ha più nulla da perdere e può anche svelare – se non un segreto di Stato o dell’Area Vaticana – quelle piccole bugie diplomatiche che a mo’ di salvagente spesso costellano il percorso scritturale dei giovani giornalisti o, come in questo caso, rappresentano l’urgenza di una “scappatoia” narrativa.

Saveria non è mai esistita. Da brava cuoca e pasticcera, a fare le trecce alla “Scaunizzu” era la mia adorabile Giulietta, per cui la “scappatoia narrativa” fu determinata dalla necessità di creare un personaggio-paravento a cui affidare – senza scomodare Aristotele – una lezione sull’etica dell’amicizia. Far pervenire, insomma, a qualcuno degli amici a cui con gioia disinteressata facevamo assaggiare le trecce (e altri dolci!) un messaggio attraverso il quale comunicare – in modo elegante pur se caustico – che non eravamo le persone presso le quali poteva allignare l’amicizia dell’utile. Rimanendo nel casereccio, fu come usare – con molta estensione o invertendo i termini – il detto salentino “A tte fìgghia ti la ticu e ttu nora ti la siénti” (“Muovo il rimprovero a mia figlia affinché tu, nuora, lo senta e capisca che è stato rivolto a te”).

Perché Saveria e non Giovanna, Francesca o Maria? Per una questione affettiva e per la quale, ovviamente solo a scopo di curiosità, ne rendo noto il motivo. Mio nonno materno si chiamava Saverio, una sorella di mia madre si chiamava Saveria, un mio nipote si chiama Saverio, ed io stesso al fonte battesimale sono stato chiamato Antonio Saverio, due nomi con i quali credevo fossi stato registrato anche all’anagrafe, tant’è che sulla prima carta d’identità (fatta al momento di compiere il servizio militare) figuravano tutti e due. Ricordo quando ad un controllo d’ufficio vergarono su “Saverio” una linea di cancellatura lasciando soltanto Antonio.


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