Almeno una fiamma di spirito a rischiarare l’ombra del razzismo!
Eh già, perchè comunque la giri il caro Alfredo, qui di razzismo si tratta.
Tra le righe divertenti e un po’ dissacranti dei testi di questa bella commedia, leggiamo un graduale miglioramento delle condizioni di vita dei leccesi a Civita. Questa cittadina cambia colori e profumi passando da quelli sgargianti degli abiti e delle case dei salentini a quelli etnici di popoli dell’est Europa e del Nordafrica, i nuovi poveri. C’è un avvicendamento di sorti, lavori, ghetti e riscatti.
I fratelli di Alfredo sono passati dal tabacco all’industria delle ceramiche, e meno male, altrimenti il nostro autore non avrebbe potuto divertirci con simili battute esilaranti!
Ma, tra una risata e l’altra, è bene imparare da questa storia che gli uomini son tutti uguali e che tutti meritano il rispetto dovuto al fatto di essere creature viventi e, in quanto tali, capaci di crescere, migliorare, capire, ridere e soffrire. Evitiamo allora di provare e far provare quest’ultimo sentimento, chè altro è sdrammatizzare applaudendo Alfredo, altro è auto-assolverci macchiandoci delle stesse colpe di chi accusiamo.
Siamo tutti un po’ muratori e ceramisti, tutti operai e pensatori, perchè non esiste nessuna categoria a cui sia estranea la filosofia della dignità.
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Commenti su Leccesi, c’era una volta / Quando diventammo tutti muratori e ceramisti a Civita Castellana. 3a parte di raffaellaverdesca
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