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Channel: Commenti per Spigolature Salentine
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Commenti su Poesie/ Pineta otrantina di Alessandra Fusaro

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E’ una delle ricchezze più belle che la natura ci ha regalato, spazi di verde e di luce che ci inebriano
con i profumi e i suoni dell’estate, che meraviglia!!


Commenti su Muretti a secco e serpi nel Salento di fine Ottocento di Contadine e serpi nel Salento di fine Ottocento « Spigolature Salentine

Commenti su Sonia e Francesco, in tandem per cantare il Salento di Simona Fusaro

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questa poesia trasmette l’allegria e il calore del salento! bravi!
Simona

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di gianni ferraris

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“Che palle la pizzica e la taranta” mi dice l’amico salentino (che non cito per evitargli ritorsioni da parte degli amanti del genere). Ero in un paese per una sagra, qualche sera dell’altra settimana. Immancabili arrivano i suonatori della musica salentina (che forse salentina non è?) immancabili i danzatori. Tutti uguali, ahimè, manca la spontaneità. Loro, un lui e una lei, danzano come facevano moltissimi anni prima. Guardandosi dritti negli occhi. Insieme fanno circa 200 kg di corpaccioni che si muovono , poco però vista la stazza. SI guardano e sorridono, sembra che si parlino. Lei vorrebbe sollevare, come si fa, un pò la gonna che è esageratamente stretta. Non ci riesce. Comunque non perdono una battuta. Onore al merito. Ci stanno anche 3 etti di croce che ciondolano al collo di un lui con camicia opportunamente slacciata. Poi giovani che si muovono compostamente, scommetto che danzano come in discoteca. Stesso copione…. Che palle la pizzica e la taranta. Però mi piace il ritmo e mi piace ogni tanto ascoltarla. No, non quella che sembra fatta in cina, tutta identica ovunque. Quella che si segue in ogni sagra. Purpette de purpo e taranta. Melanzane, vino e pizzica. Pisello nano di Zollino, “abbiamo anche le fave di Zollino”, dice il venditore ammiccante, “sono nane pure loro?” “No, sono piatte”. Surreale mentre i due signori si guardano fissi negli occhi muovendosi in mezzo ad altri danzatori. Poco oltre una banda termina la sua serata con l’inno di Mameli. Nessuno in piedi, molti applausi. Che palle la pizzica e la taranta. Penso a giovani (ex giovani a volte) cantautori salentini, penso a quando rimasi folgorato da quella coppia che danzava leggera un pizzica d’amore facendosi coinvolgere dalla musica, lasciandosi andare al ritmo. Quasi seri, quasi sorridenti. Ma no, Pierpaolo, mica ti rispondo. Anzi, confesso, ho preso solo l’incipit del tuo pezzo, lungo da leggere alle sette di mattina, lo farò dopo con calma. Sono andato fuori tema? Noi possiamo permettercelo, mica abbiamo l’esame di maturità (forse neppure la maturità per fare esami, ma questo ci porterebbe esageratamente lontani), quindi possiamo farlo. Ops, il caffè sta risalendo, la seconda caffettiera (piccola però). Bon jour.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Redazione

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Anche io, caro Gianni, ho dovuto sorbire fino al secondo caffè prima di gustare a pieno l’ennesima chicca di Pier Paolo. Tosto, ma quanta verità! da rileggere, una, due, forse tre volte, per entrare nelle pieghe della sua dotta trattazione. E con naturalezza (per lui) ci “filosofeggia” su tipico, locale, tradizionale, facendoci riflettere su aspetti che, sinceramente, prima d’ora, non mi passavano per la mente. Mi sembra averci trovato di tutto: dall’antropologia alla sociologia, dalla demologia alla filosofia… Pierpà, la prossima volta avvertici su questi tiri mancini!

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pino Spina

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Era ora che qualcuno facesse chiarezza….poi, che ballino e che cantino e che si divertano, ma non ce la menino con la cultura popolare.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di stefania

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ieri sera alla cavea dell’auditorium di roma, ludovico einaudi. maestro concertatore di una sedicente “notte della taranta”. non è salentino (almeno non credo), non era un repertorio da festa di paese (di quelle che sono abituata a sentire durante le serate estive): era musica altra ed alta, con contaminazioni di vario genere. il ritmo, però, si rifaceva a quello di sempre, dei maestri concertatori (Stiffani?) degli studi di de martino. e come tarantati si è più e più volte scatenato il movimento nel pubblico che ha accompagnato e si è fatto accompagnare in un viaggio mistico in un mondo che non c’è più.

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Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pier Paolo Tarsi

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Voglio solo precisare: 1) a me piace la Pizzica (per pochi minuti però, come dice Checco Zalone!); 2) amarla non significa che si debba farne ciò che non è di fatto, come ho chiarito; 3) il carrozzone della “Notte della Taranta” e l’insieme degli sforzi e delle operazioni politiche che ne costituiscono le premesse hanno sicuramente apportato benefici turistici ed economici a questa terra, sarebbe stupido e ingrato sostenere il contrario. Detto ciò, bisogna avere la lucidità di inquadrare il fenomeno nelle sue reali dimensioni, che è quanto ho tentato di fare con la prima e la seconda parte di questo ragionamento; insomma, come dice con mirabile sintesi Pino Spina: “che ballino e che cantino e che si divertano, ma non ce la menino con la cultura popolare”.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pino Spina

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Ringrazio Pier Paolo Tarsi per l’apprezzamento, anche se il mio intervento era soltanto lo sfogo spontaneo di chi non ce la fa più a trovare suonatori di pizzica in ogni ristorante, trattoria o chiosco di panini. Continuo a non capire perchè si voglia per forza dare una veste “autorevolmente culturale” a quello che si potrebbe tranquillamente inquadrare in un “fenomeno di costume” con buona pace di tutti. La “pizzica-pizzica”, variante della “tarantella”, è una musica fatta di quattro accordi e un inciso, quando va bene due, credo che ogni musicista davanti alla propettiva di essere pagato per suonare davanti a centomila persone, ci metterebbe l’anima per ricamarci sopra, del resto il “barocco” (stile che odio visceralmente) insegna. Non ho la benchè minima autorità per discutere oltre, ma permettetemi di aggiungere qualcosa.
Sono di Brindisi, e noi siamo salentini solo perchè parliamo, seppur con notevoli variazioni, quel dialetto, ma è mia opinione che culturalmente vi siano profonde diversità con il salento meridionale. Nella mia città non vi è memoria alcuna di riti “paraesorcistici”, di credenze di qualche tipo, neanche di gnomi e folletti che si aggirano per le campagne, c’era solo “l’umba” (vana umbra) che spaventava i bambini. Nonostante ciò, passando per caso davanti a qualche suggestivo angolo del centro, può capitare di imbattersi in qualche gruppo di “scienziati della cultura popolare” che, messo giù per terra un lenzuolo, vi fanno distendere una cinquantenne in pigiama bianco e la fanno dimenare mentre un qualche tristo suonatore l’assorda con un tamburello….francamente non so cosa aggiungere.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pier Paolo Tarsi

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Beh immagino che sia dura la vita di un brindisino sommerso dagli stereotipi salentini, laddove salentini a volte significa solo “abitanti della provincia di Lecce”! Qui la questione si fa complicata assai! :)

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Alfredo Romano

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Grazie Pier Paolo, per queste due puntate sulla questione pizzica. E’ un vero trattato da leggere e stampare. Conosco Vincenzo Santoro (che vedrò dopodomani per la presentazione dell’ultimo libro che ha curato) e anche Eugenio Imbriani. Sinceramente, quando la pizzica tarantata anni fa è diventata un fenomeno di massa, la cosa mi ha puzzato di bruciato. E’ come se fossi stato espropriato di una musica che era tutta mia, del mio paese. Così, qui a Roma, quando m’è capitato di imbattermi in dei ragazzi romani usciti da una scuola di pizzica, è stato proprio un pianto: tutti ballavano allo stesso modo quasi fossero marionette, senza un trasporto, senza… sangu intra lle vene, per capirci. Insomma, anche la pizzica finita nel tritacarne del consumo. Come defraudato di un mistero che mi rendeva una persona speciale, per dire. Hai ragione nel dire poi che la nostra gente è avvezza a ballare più valzer, polke e mazurche piuttosto che pizziche. E’ un ricordo che ho da bambino quando si ballava con i dischi a 78 giri. Ma l’argent… l’argent qui fait la guerre!

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pino Spina

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Gentile Pier Paolo….hai colto nel segno!

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pino De Luca

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Qualche anno fa anche me medesimo fece una ricerca sul fenomeno. Non è che non mi fido ma mi piace verificare. Non starò qui a cincischiare sui vari tipi di pizzica ormai approfonditi da numerosissimi saggi ma solo a citare una cosa che ebbi il piacere di trovare:
“Ché, come si dice che in Puglia circa gli atarantati, s’adoprano molti instrumenti di musica e con varii suoni si va investigando, fin che quello umore che fa la infirmità, per una certa convenienzia ch’egli ha con alcuno di que’ suoni, sentendolo, sùbito si move e tanto agita lo infermo, che per quella agitazion si riduce a sanità, così noi, quando abbiamo sentito qualche nascosta virtù di pazzia, tanto sottilmente e con tante varie persuasioni l’abbiamo stimulata e con sì diversi modi, che pur al fine inteso abbiamo dove tendeva; poi, conosciuto lo umore, così ben l’abbiam agitato, che sempre s’è ridutto a perfezion di publica pazzia; e chi è riuscito pazzo in versi, chi in musica, chi in amore, chi in danzare, chi in far moresche, chi in cavalcare, chi in giocar di spada, ciascun secondo la minera del suo metallo; onde poi, come sapete, si sono avuti maravigliosi piaceri.”
Libro del Cortegiano di Baldasar Castiglione – tomo 1 – cap. 8
Se ne discuteva alla corte di Guidubaldo da Montefeltro agli inizi del 1500 e Castiglione era un vescovo …
Ora se popolare voglia significare diffuso nella massa non possiamo che inneggiare ai McDonald o a Pupo, finanche ai pupazzi dei rotocalchi.
Il punto è, io credo, che la pizzica è stata una gigantesca opera di recupero trasmigrata anche in successo commerciale e, pur avendomi sostanzialmente stufato gli zebedei, son felice che la pizzica faccia smuovere le gambe a tutti coloro che mangiano hamburger e hanno la cultura delle papere nello stagno di Mariano Arena.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pino Spina

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…nel 1500 non esisteva la pizzica (tarantella) come forma musicale, interessante come già sapessero (agitazione) che liberare delle endorfine può produrre sedazione.


Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Alfredo Romano

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Replico a Stefania solo per informarla che il musicista Ludovico Einaudi è figlio di Giulio Einaudi che fondò la rinomata casa editrice.

Commenti su Da Plinio agli Autori contemporanei. Tutto sul prezzemolo di Gaetano

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Articolo interessante e ben curato!
Complimenti

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Pier Paolo Tarsi

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Rispondere a tutti i vostri bei commenti come meriterebbero richiede riflessione e tempo, mi limito per ora a ringraziarvi di cuore tutti e prendere atto di quanto fate notare, proverò tuttavia nell’ultima parte di questo ragionamento a rispondere tra le righe ad ognuno. Grazie veramente per l’attenzione e la partecipazione che sostengono e nutrono la voglia di condividere questi e altri pensieri.
Pier Paolo

Commenti su Minervino di Lecce. Fiera delle Messi 1/3 luglio di Pier Paolo Tarsi

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Bella iniziativa che si presenta come l’occasione per visitare Minervino e quanto ci presenti.

Commenti su Come ci inventiamo una cultura: il caso della Notte della Taranta. Parte seconda. di Antonio Negro

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Grazie ancora dell’ottima e utile analisi.
Antonio

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