ottima trattazione, l’unico neo che trovo riguarda la necessaria differenziazione geografica e culturale tra la frisa bucata e quella senza buco. E un’altra aporìa occorre illuminare: la fragilità della frisa non le consente d’essere paragonata alla galletta o al pane vichingo. E, probabilmente, nemmeno al pane carasau anch’esso fragile ma per costruzione soggetto ad una possibilità di packaging che lo preserverebbe dalle rotture. La frisa non lo attribuisco al movimento di militari proprio per queste ragioni. Credo invece che sia più attribuibile ad una conservabilità stanziale a supporto dei periodi carestìa. Sono solo domande che pongo a me medesimo apprezzando in toto l’eccellente contributo.
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